Schönhuber Franchi Spa venduta per due milioni

La ditta comprata all’asta dalla famiglia Pinti di Brescia, nell’acciaio dal 1929. Richard Franchi: «Non ce l’ho fatta a salvare mio fratello, impossibile rilanciare»


di Valeria Frangipane


BOLZANO. «Ho fatto l’impossibile ma non sono riuscito a salvare il ramo dell’azienda di famiglia in mano a mio fratello Federico».

Richard Franchi racconta che la ditta è stata comperata all’asta per qualcosa di più di 2 milioni di euro dalla famiglia Pinti di Brescia (“Pinti Inox Spa”), nel settore dell’acciaio dal 1929. «La base d’asta partiva da 1 milione e 600 mila euro. Insieme ai cugini di Brunico abbiamo continuato a rilanciare ma noi alzavamo la posta di diecimila euro in diecimila, i Pinti di sessantamila in sessantamila... per un po’ siamo andati avanti poi ci siamo guardati in faccia e, con un dolore nel cuore che non vi dico, ma abbiamo mollato. Il 15 marzo resterà per tutta la nostra famiglia una gran brutta data».

Cosa se ne è andato? «Tutta la merce che c’era in magazzino ed il marchio registrato. In pratica la nostra anima». Il destino dell’azienda era ormai segnato. All’inizio del mese, l'ufficio fallimentare del tribunale di Bolzano - con una sentenza firmata dal presidente Maria Cristina Erlicher - aveva, infatti, dichiarato il fallimento della Schönhuber Franchi Spa, società per azioni (con sede legale in via Buozzi 10 a Bolzano) che operava da anni nell'ambito delle forniture alberghiere, in particolare per i comparti dell'arredo e dell'arredo tavola. Un fallimento che ha fatto perdere il posto di lavoro a 46 dipendenti, 31 impiegati nella sede di Bolzano e altri 15 nelle sedi periferiche di Chieti, Cernusco sul Naviglio e San Giovanni al Natisone (in provincia di Udine). L'amministratore Federico Franchi ha tentato, senza riuscirci, la strada del concordato preventivo per cercare di non essere costretto a gettare la spugna cancellando l'azienda con tutte le conseguenze del caso. Richard Franchi allarga le braccia: «Ieri abbiamo saputo che i nuovi proprietari hanno l’obbligo di assumere 10 dei 46 dipendenti, speriamo bene almeno per loro».

Credevate di potercela fare? «Abbiamo sperato fino all’ultimo». Sapevate che i Pinti erano interessati? «Abbiamo saputo qualcosa negli ultimissimi giorni ma sembravano incerti fino all’ultimo. Ma evidentemente, con l’acciaio alle spalle, non hanno avuto problemi».

Li avete conosciuti? «Sì, ieri ho conosciuto Claudio Pinti, il momento era quello che era ma comunque l’ho trovato cortese». E adesso? «Vado avanti con la mia attività ma la ditta di famiglia, fondata da mia nonna negli anni Trenta, passata a mio padre Nino e poi a mio fratello Federico se ne è andata. Guardate... per tutti noi è un gran brutto momento. Pensate che nel 2007 la ditta era leader in Italia nella fornitura alberghiera per la tavola, poi certo ci sono state delle scelte aziendali non appropriate ma va anche detto che il mercato in quattro anni si è dimezzato. Pensate che nelle ultime settimane sono andato in giro per gli alberghi dell’Alto Adige a chiedere ai proprietari di avere un attimo di pazienza che ce l’avremmo fatta... non volevo che passassero ad altre ditte concorrenti. Ho avuto il loro supporto e per questo li ringrazio ma tutto questo non è bastato». L’analisi di Franchi è impietosa. «Il mercato del settore in Italia è crollato non perchè siano mancati i soldi, ma per l’incertezza. Avevamo moltissime trattative in corso ma negli ultimi anni nessuno ha più costruito o rinnovato alberghi! E la ricaduta, purtroppo, è stata pesantissima».

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