Schützen in piazza, strappo al protocollo

Disappunto per la decisione di scavalcare le istituzioni dello Stato. Nel Pd cresce l’indignazione, Di Fede: inaccettabile



BOLZANO. La fotografia ufficiale è stata questa: il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, in visita ufficiale a Bolzano venerdì, accolto in piazza Magnago dal presidente Arno Kompatscher. E accanto a Kompatscher solo il comandante degli Schützen Elmar Thaler, con la compagnia bolzanina dei cappelli piumati. Non è passata inosservata l’assenza in piazza di rappresentanti istituzionali come il commissario del governo Elisabetta Margiacchi. Giunta, vicario del prefetto Francesca De Carlini (in sostituzione di Elisabetta Margiacchi) e le autorità coinvolte per tradizione negli eventi ufficiali si trovavano già là dove erano stati invitati, alla Lub per il convegno sui 70 anni dell’Accordo di Parigi.

A distanza di giorni si delinea esattamente ciò che si era immaginato: uno strappo al protocollo da parte di Palazzo Widmann nell’organizzazione della mattinata. Uno strappo, confermano fonti ufficiali, che è stato segnalato a Roma.

E non è la prima volta. Lo scorso giugno la visita del presidente austriaco uscente Heinz Fischer era stata organizzata con il medesimo copione: omaggio con spari a salve degli Schützen, comitato d’accoglienza solo di Kompatscher e Elmar Thaler. Ma questo tipo di visite ufficiali di autorità straniere sono disciplinate da un chiaro protocollo internazionale: il cerimoniale viene concordato tra i relativi ministeri degli Esteri. Ciò non è avvenuto né con Fischer né con Juncker. Da quanto trapela, il ministero degli Esteri italiano non è stato coinvolto. Inevitabile a quel punto l’assenza di rappresentanti dello Stato, come il Commissario del governo, in piazza Magnago (nessun invito).

Lo strappo politico inizia a farsi sentire anche in casa Pd. Sbatte contro un muro la linea «non creiamo confusione prima del referendum». Dopo l’assessore Christian Tommasini («scivolone su buccia di banana»), è più dura la segretaria Liliana Di Fede, «anche perché la decisione di Kompatscher arriva dopo il voto con Knoll sulla toponomastica». Di Fede, di sicuro non una impulsiva, esordisce: «Non ci vuole un fine analista politico per decifrare il significato di quel comitato di accoglienza: questa è la nostra terra, questi sono i suoi simboli, per altro non c’è spazio». Di Fede parla sia ai suoi che alla Svp. All’alleato dice: «Una scelta inaccettabile in una giornata che celebrava gli accordi di Parigi tra Degasperi e Gruber, davvero uno strano modo per celebrarli. Si stanno commettendo errori, di fronte ai quali, come giustamente ha scritto il direttore dell'Alto Adige, non è più possibile, né costruttivo tacere. Rispetto e sensibilità per tutte le comunità, lo sforzo di coinvolgere e includere, combattendo tutto ciò che ghettizza ed esclude sono la chiave di volta della convivenza, vera tutela di tutte le cittadine e i cittadini della nostra terra». Al Pd dice: «Basta tollerare le provocazioni in nome di un principio di convivenza astratto. La convivenza, quella vera, non può prescindere dal rispetto, e dobbiamo avere il coraggio di affermarlo con la necessaria fermezza. Per quel che mi riguarda, posso assicurare che non parteciperò a cerimonie o incontri istituzionali dove tutte e sottolineo tutte le comunità non vengano trattate con il rispetto e la sensibilità che meritano». (fr.g.)

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