Scuola, fare delle scelte

di Mauro Fattor


Mauro Fattor


C’è una questione di fondo che la riforma della scuola e il riordino degli indirizzi in provincia di Bolzano non affrontano: si tratta del rapporto tra scuola pubblica e istituti paritari. Quello che accade è, semplicemente, che il rapporto tra offerta didattica pubblica e privata non è oggetto di discussione e quindi, tantomeno, di revisione critica. Un errore, certamente. Che prima o poi sia necessario affrontare il nodo però pochi dubbi ed è la stessa vicenda del Liceo Classico (pubblico) di lingua tedesca, che soffre la concorrenza del liceo classico (privato) dei Francescani fino a rischiare la chiusura, a spingere in questa direzione. In gioco ci sono sia questioni di metodo che di merito, questioni che vediamo di spiegare. In primo luogo va evidenziata una relazione asimmetrica tra le due grandi riforme che la politica altoatesina sta affrontando in questo momento, quella sanitaria e quella scolastica. La prima, con tutti i limiti che abbiamo evidenziato dalle colonne di questo giornale, pare comunque avere un pregio: quello di avere abbozzato, più nei fatti che sulla carta, alcune linee guida nel rapporto con la sanità privata.
L'idea di fondo, condivisibile o meno che sia, è quella di una sanità complementare e non concorrente rispetto alle strutture pubbliche.
Una sanità privata che deve essere funzionale ad una corretta gestione della sanità pubblica e che, soprattutto, non deve erodere risorse creando inutili doppioni in un momento in cui i tagli al bilancio obbligano ad una razionalizzazione dell'intero comparto.
Quanto sta avvenendo per la sanità non avviene però per la scuola, mettendo a nudo una serie di contraddizioni non di poco conto.
Nella scuola infatti, pubblico e privato coabitano in regime di concorrenza, con il privato abbondantemente foraggiato dalle casse provinciali, cioè con denaro della collettività. Certo, la scuola non è la sanità e la pluralità dell'offerta didattica è per sua natura una buona cosa. Vero, ma solo a certe condizioni. La condizione è che il confronto sia leale e attualmente non è così. Mentre per la scuola pubblica il regime delle iscrizioni è un parametro fondamentale per decretarne il diritto alla sopravvivenza, come la vicenda del classico di lingua tedesca insegna, questo per esempio non avviene per gli istituti privati. Quanti iscritti hanno? Sono in crescita? Sono in calo? Nessuno lo sa, non c'è alcun obbligo di trasparenza.
Lo evidenziava molto correttamente il professor Marco Bertorelle in un suo intervento di pochi giorni fa proprio sul nostro giornale, che rilevava come questa sorta di immunità preventiva - del tutto immotivata - delle scuole private rispetto ad ogni analisi sui flussi impedisse, quantomeno, di farsi una quadro realistico dell'intera offerta formativa provinciale. Bertorelle poi evidenziava un altro elemento molto significativo e che vale la pena di rammentare, ovvero il fatto che le bozze di riforma della scuola italiana e di quella tedesca adottino criteri diversi per appartenenza linguistica in situazioni formative apparentemente del tutto simili.
Il mondo tedesco infatti accoglie tranquillamente nell'offerta formativa tre istituti privati come il Liceo Classico dei Francescani, il Liceo Pedagogico «St.Maria» di Bolzano e il Liceo «Vicentinum» di Bressanone, mentre la bozza di riforma della scuola italiana non fa la stessa cosa con Rainerum e Marcelline. Questo strabismo è sconosciuto alla riforma sanitaria e sarebbe logico che la stessa univocità, per una evidente questione di equità generale, fosse adottata anche in ambito scolastico. Non si tratta di meri dettagli tecnici, perchè è ovvio che una differenza di impostazione così macroscopica si traduce quasi automaticamente in una differente possibilità o legittimità di accesso alle scarse risorse disponibili creando situazioni di squilibrio.
E questo vale tanto per i rapporti tra scuole private, quanto nel rapporto tra scuole private e istituti pubblici. Fermo restando che sullo sfondo resta, irrisolta, la madre di tutte le iniquità che determina il regime di concorrenza sleale tra pubblico e privato a cui abbiamo accennato prima. Le scuole paritarie in provincia di Bolzano sono infatti quasi tutte scuole cattoliche. Nulla di male, ovviamente, se non fosse che proprio il loro carattere confessionale le tiene al riparo dalla gestione delle complessità sociali, etniche e religiose con le quali la scuola pubblica è obbligata invece a confrontarsi. A questo proposito varrà la pena di ricordare che nella scuola pubblica italiana confluisce grosso modo il 70% della popolazione scolastica immigrata con conseguenze importanti a tutti i livelli, sopattutto didattico e organizzativo. Di tutto ciò va tenuto conto. Va tenuto conto che il raggiungimento di una didattica di qualità, per non dire di élite, nelle scuole private - che pure, e va ribadito a scanso di equivoci, hanno piena legittimità ad esistere - avviene sulle spalle della scuola pubblica.
Non è colpa di nessuno ma è una dato strutturale difficilmente contestabile. In altre parole, la scuola privata non svolge alcuna funzione autenticamente sociale, al di là di quella formativa, si intende.
Di questo bisognerebbe tenere conto quando si parla di ridistribuzione delle risorse, soprattutto in tempi di coperta corta. Si badi bene che i flussi di finanziamento pubblico che partono in direzione degli istituti privati sono importanti, sia in termini di edilizia scolastica che di didattica. Giusto a titolo di esempio, i lavori di ristrutturazione ed ampliamento del Rainerum ultimati lo scorso anno sono costati oltre dodici milioni di euro, in buona parte coperti dall'ente pubblico. Per non dire di Francescani e Vizentinum, che dal 2001 al 2008 hanno visto aumentare la quota annua di finanziamenti pubblici da 700 mila euro a oltre 1,2 milioni di euro.
Di fronte a queste cifre difficile resistere alla tentazione di ricordare come la sperimentazione trilingue al liceo classico «Carducci» sia naufragata appena l'altroieri per mancanza di fondi. E allora magari qualche scelta andrebbe fatta













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