Sede Rai, il direttore Corazzola in pensione da domani

Era stato nominato nel 1990: «Accordo Rai-Provincia: l’indipendenza non è a rischio»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. Oggi ultimo giorno di lavoro per Carlo Corazzola, per 23 anni direttore di sede, figura storica della Rai di Bolzano. Al suo posto arriva Vittorio Longati, bolzanino, attuale responsabile a livello nazionale della pianificazione operativa della produzione televisiva della Rai.

Tra giornalisti, impiegati e tecnici sono 17 le persone che, approfittando degli incentivi all’esodo concessi dalla società per ridurre l’organico e tagliare i costi, dal 1º luglio ad oggi hanno lasciato la sede di piazza Mazzini: tra questi Maurizio Ferrandi (caporedattore), Paolo Pasi, Sandra Bortolin. In pensione anche Ennio Chiodi che ha iniziato la sua carriera nel 1979 alla Rai di Bolzano, dove nel 1990 è diventato caporedattore. Ha ricoperto l’incarico per pochi mesi, perché poi è stato chiamato a Roma come direttore del Tg3 e della Tgr; è stato direttore dei corrispondenti e vicedirettore di Rai3. A Bolzano Chiodi è conosciuto anche per una breve parentesi politica: è stato segretario della Margherita. Lasciano Bolzano per altre sedi Floriana Gavazzi (Ancona) e Franz Giordano (Bologna).

Corazzola invece ha costruito l’intera carriera a Bolzano. «Ero capo della ripartizione sanità e affari sociali della Provincia - racconta - quando mi proposero di diventare direttore di sede. Tutti dicevano che era stato l’allora vicepresidente della Provincia Remo Ferretti a volermi lì, ma erano leggende metropolitane. Lui avrebbe preferito che restassi in Provincia dove si stava mettendo a punto il nuovo ordinamento degli uffici. Impiegai quasi un anno a decidere. Oggi sono contento di aver fatto quella scelta».

Grande appassionato di montagna e teatro dal 1980 al 1992 è stato commissario straordinario del Teatro Stabile: sua la decisione di puntare su Marco Bernardi per la direzione del Tsb. È stato anche presidente dello Stabile, vicepresidente dell’Eurac e del Museion. Oggi è vicepresidente del Tsb.

Com’è cambiata la Rai di Bolzano? «È cambiata molto com’è cambiato tutto il mondo del lavoro. Tanto per fare un esempio, quando sono arrivato nel 1990 c’erano complessivamente 285 dipendenti, oggi sono 100 in meno».

Parliamo dell’accordo Rai-Provincia, non c’è il rischio che la linea venga dettata da palazzo Widmann?

«Dipende sempre dai giornalisti: se uno ha la schiena dritta, non c’è alcun rischio. Anzi, vedo più vantaggi che svantaggi».

Ad esempio? «La legge prevedeva che le trasmissioni di lingua tedesca e ladina fossero finanziate dallo Stato. Così è stato. Ma nel corso degli anni i fondi sono stati progressivamente ridotti da 15 a 10 milioni all’anno. In base all’accordo di Milano allo Stato è subentrata la Provincia che versa 20 milioni all’anno. Questo impone alla Rai di potenziare le trasmissioni, garantire il turnover e investire in tecnologie sia per la bassa che alta frequenza»

Ne beneficerà anche la redazione italiana?

«Ne sta già beneficiando: chi se n’è andato è stato subito sostituito».

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