Segnaletica di montagna, la punta dell’iceberg

Toponomastica in Alto Adige, questione scabrosa. Ecco di cosa si parla



La toponomastica dell'Alto Adige è il complesso dei nomi di luogo nei 116 comuni della Provincia di Bolzano. Essendo il territorio provinciale popolato da abitanti di lingua italiana, tedesca e ladina, la sua caratteristica dovrebbe essere il plurilinguismo. La  più ampia parte della nomenclatura geografica in lingua italiana dei comuni dell'Alto Adige ha carattere di ufficialità, in quanto adottata con legge dello Stato, ed era in molti casi già attestata prima ancora di esser resa ufficiale successivamente alla prima guerra mondiale.

Durante il fascismo, molti toponimi sono stati introdotti italianizzando quelli tedeschi o ladini. Fondamentale per l'operazione di regime è stata l'opera del senatore e irredentista trentino Ettore Tolomei, che ha trascorso decenni di studi nel ricercare i toponimi italiani (come nella retoromana Venosta) e nell'italianizzazione di quelli tedeschi e ladini.  Risale al 1916 il suo primo Prontuario che fu successivamente tenuto come riferimento per la redazione delle prime liste ufficiali di toponimi dei territori annessi dopo la prima guerra mondiale (Alto Adige, ma anche Trentino e al confine orientale istro/giuliano).

Tolomei: restituire, sostituire, creare.

Il criterio secondo il quale operò Tolomei fu quello del "restituire, sostituire, creare", ossia ricercare le radici storiche latine dei nomi per restituirne una forma italiana nel primo caso (Castelbello da KastelbelI o Acquaviva da Ackpfeif), oppure tradurre il significato lessicale del nome (Wald/Bosco), o infine creare una nuova denominazione di carattere descrittivo del territorio quando non fosse stato possibile le ricostruzione di una radice attendibile o una traduzione letterale o un semplice adattamento fonetico (esempio Punta Cristallo invece di Payerspitze, e Payer era il nome dello scalatore che aprì la prima via sulla montagna). In molti casi, soprattutto nei territori con una significativa presenza di insediamento storico di lingua italiana, venne semplicemente recepito l'uso regolare dei nomi, senza intervento alcuno (per esempio San Lugano, Postal o Bronzolo...)

Un numero notevole dei toponimi italiani adottati (ufficialmente gli unici legali durante il fascismo) deriva da quelli proposti da Tolomei e rimasti in uso anche nel dopoguerra. I toponimi di lingua tedesca non sono mai stati ufficialmente riconosciuti, ma in Alto Adige vige il bilinguismo (e il trilinguismo nelle valli ladine) della toponomastica. 

Il partito del monolinguismo tedesco

La questione è oggetto di polemiche perché una parte consistente della popolazione sudtirolese e la SVP; partito di maggioranza assoluta in Alto Adige, non accetta l'uso di “toponimi fascisti perlopiù inventati di sana pianta” e ne vorrebbe la cancellazione, totale o parziale. Un compatto fronte trasversale di lingua italiana  e alcuni settori dell'opinione pubblica e della politica di lingua tedesca considera il bilinguismo una ricchezza (oltre che un obbligo previsto dallo Statuto di autonomia) e combatte il monolinguismo.

Nel 2009 l'Alpenverein Sudtirol e molte associazioni turistiche sostituiscono le vecchie tabelle segnaletiche con le nuove, monolingui tedesche. A seguito di questo Sel presenta un esposto in procura dal quale nasce un'inchiesta. Si scatena anche la bagarre politica. Il commissariato del governo chiede il ripristino dei cartelli bilingui, mentre a livello politico nel 2010 si apre un confronto tra Provincia e Governo Berlusconi, attraverso il ministro alle Regioni, Raffaele Fitto.

Del resto, i nomi monolingui tedeschi rinvenuti sui cartelli di montagna dell'Alto Adige assommano a 34.214. In pratica, un cartello su due è esclusivamente in tedesco. Lo si evince dall'elenco di 44 pagine elaborato dalle forze dell'ordine e consegnato nella primavera 2011 a Prefettura, Procura della Repubblica , Cai dell'Alto Adige e Commissione Fitto-Durnwalder.

Il bilinguismo non è più un tabù

Settembre 2010: Roma e Bolzano firmano un protocollo d'intesa che per la prima volta deroga al principio del bilinguismo assoluto, introducendo il criterio dell'uso e del rispetto dei nomi storici. In altri termini: via i nomi italiani della  cosiddetta  microtoponomastica. Una commissione Stato-Provincia dovrà esaminare i 1.526 toponimi resi monolingui  sulla segnaletica di montagna e decidere quali riconvertire alla precedente versione bilingue.

Il governatore Luis Durnwalder rifiuta però i risultati della commissione (che aveva sancito il ritorno al bilinguismo di molti di quei nomi) , sostituisce i componenti di nomina provinciale che avevano accettato le conclusioni  e apre un nuovo tavolo tra Roma e Bolzano, chiedendo un numero maggiore di cartelli monolingui. Il governo Berlusconi cade senza il raggiungimento di alcun accordo; con il governo Monti la situazione resta in stallo; con il governo Letta la trattativa riprende da dove era rimasta nel 2011. Durnwalder ottiene alcuni nomi in più e l'accordo si chiude con il ministro Delrio ai primi di agosto.

Cartelli di montagna, punta dell'iceberg

E ora? I criteri fissati per la segnaletica dovrebbero nelle intenzioni di Governo e Svp di fatto guidare la riscrittura della legge provinciale su tutta la toponomastica  (quella oggetto della trattativa ad oggi è solo relativa ai sentieri, una minima parte del contenzioso, ma è stata presa  campione per definire le linee guida generali). Una legge organica sulla materia è stata approvata  dal Consiglio provinciale  nel settembre del 2012 ma impugnata dal Governo Monti davanti alla Corte costituzionale perché lesiva del principio del bilinguismo. 

La fretta impressa alla trattativa ha il dichiarato scopo di evitare che la Corte costituzionale si esprima. Un giudizio della Consulta potrebbe fissare paletti non più derogabili all'applicazione dello Statuto di autonomia (che sancisce la "bilinguità" della toponomastica e che la toponomastica in lingua tedesca sia "in aggiunta" a quella italiana e non sostitutiva). Solo una riscrittura della legge provinciale in tempi rapidi potrebbe scongiurare il giudizio della Corte costituzionale, ma per evitare un nuovo ricorso è evidente che la Svp è alla ricerca di un accordo preventivo di merito con il Governo.













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