Senato delle Autonomie, gelo a Bolzano

Il modello di Renzi bocciato da Palermo e Zeller. Dubbi anche di Spagnolli: ha senso se lo Stato cede una parte di poteri


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Cade nel gelo il progetto di nuovo Senato immaginato da Matteo Renzi, quello dei sindaci e dei presidenti di Regione. In Alto Adige non piace né agli attuali senatori né a uno dei possibili protagonisti, il sindaco Luigi Spagnolli. Secondo il senatore Karl Zeller, «se deve essere così, tanto vale chiudere il Senato del tutto». Il senatore Francesco Palermo è talmente convinto dell’architettura ipotizzata dal segretario del Pd, che aveva iniziato a lavorare su un proprio disegno di leggere, profondamente diverso. Renzi ha anticipato la propria ipotesi di Senato delle autonomie: una camera non elettiva, composta da 150 persone prive di indennità: 108 sindaci di capoluogo, 21 presidenti di Regione, 21 esponenti della società civile indicati dal presidente della Repubblica. Per il Trentino Alto Adige siederebbero i sindaci di Bolzano e Trento, i presidenti della Provincia di Bolzano e di Trento.

Il sindaco perplesso. Il maggiore peso del capoluogo è una delle battaglie di Spagnolli. Il Senato ipotizzato da Renzi è un passo in questa direzione? «La prima battuta che mi viene in mente è che piuttosto che un posto al Senato delle autonomie preferirei avere un maggiore peso nel Consorzio dei Comuni», sottolinea Spagnolli, «il modello anticipato da Renzi può avere senso, a patto che si inserisca in un progetto politico preciso, ovvero il trasferimento di poteri dallo Stato centrale agli enti locali, spendendo di meno. Se non c’è questo come progetto di base, allora è sufficiente l’attuale Conferenza Stato-Regioni. Il punto è che stenta ad affermarsi ovunque, dalla politica al sistema mediatico, una verità di fondo, ben conosciuta da noi sindaci, ovvero che l’Italia è costruita su tante differenze».

Il no di Zeller. Renzi non ha ancora distribuito un testo sul Senato delle autonomie, ma quanto annunciato dal segretario del Pd è sufficiente per costruire un muro di diffidenza e perplessità tra gli attuali senatori. «Dubito che in Senato Renzi trovi i numeri per farsi approvare una simile proposta», pronostica Karl Zeller (Svp), «a Renzi andrà bene se riuscirà a fare passare la legge elettorale e poi andremo alle elezioni». I senatori dicono no perché nessuno taglia il ramo su cui è seduto? Secondo Zeller si tratta di un progetto sbagliato: «Non sta in piedi. È basato su una visione totalmente antiregionale. È chiaro quali rapporti di forza vuoi costruire, se affianchi 108 sindaci a 21 presidenti di regione. Meglio sarebbe, piuttosto, adottare il modello tedesco del Bundesrat con i rappresentanti dei Länder. E poi cosa dovrebbe fare una camera in cui sindaci e governatori un paio di volte al mese si fanno un viaggetto a Roma?». Si sta già profilando anche un braccio di ferro Camera-Senato. Ne dà conto Zeller: «Se si deve tagliare, molti di noi iniziano a dire che tra Camera e Senato, la scure dovrebbe scendere sulla Camera. Sono stato deputato e senatore e mi rendo conto di quanto si lavori più velocemente al Senato, perché siamo di meno e ci basiamo su un regolamento più efficiente».

La proposta Palermo. Da qualche settimana Francesco Palermo (Gruppo per le autonomie) aveva iniziato a elaborare con i tecnici del Senato un disegno di legge sul Senato delle autonomie: «Avrei preferito un Senato delle Regioni, con i governatori. Non credo che possa funzionare un modello che unisca sindaci e Regioni».

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