«Senza casa perderò i figli»: l’allarme di un padre curdo
Seerwan è arrivato nel 2019. In ottobre ha riabbracciato la moglie e i loro bambini «Abbiamo vissuto lontani per tre anni. Fino al 10 gennaio abbiamo una camera a Varna, ma poi?»
BOLZANO. «Fino al 10 gennaio potremo restare nell’albergo di Varna dove viviamo dal 20 dicembre. Poi non so dove andremo, né se potremo continuare a vivere insieme, proprio ora che la mia famiglia è finalmente arrivata in Italia». Seerwan è curdo ed è arrivato da Baghdad due anni e otto mesi fa.
Lo scorso 15 ottobre l’hanno raggiunto la moglie e i due figli. Ma se non troveranno una sistemazione dove alloggiare dopo il 10 gennaio, la loro famiglia potrebbe essere separata un’altra volta.
Seerwan è un rifugiato residente a Velturno. Non vede la sua famiglia da tre anni. Come è arrivato in Italia ha cominciato a lavorare per sopravvivere: nel 2019 per qualche mese ha svolto le mansioni di addetto alle pulizie a Trento; l’anno dopo a Bressanone ha fatto la raccolta delle mele; oggi lavora in un hotel di San Candido come cameriere ai piani e come massaggiatore. «Ho fatto un corso di sei mesi per diventare Hausmeister, custode», specifica.
Dicevamo, tre anni senza vedere la famiglia sono tanti. Lo scorso 15 ottobre – quasi non ci sperava più – finalmente vede arrivare in Alto Adige la moglie e i due figli, ancora minorenni. Per tutto questo tempo loro hanno vissuto nel nord dell’Iraq. Con la domanda di ricongiungimento, molto coraggio e un po’ di fortuna, si possono riunire al padre.
«Abbiamo tutti i documenti in regola, passaporto e codice fiscale. Al distretto sociale di Chiusa però mi hanno detto che se non troveremo una casa perderò la possibilità di vivere coi miei figli. Il distretto sociale troverebbe una soluzione per loro e per mia moglie, ma non per me. Magari pure lontano da dove vivo e lavoro, tra San Candido e Brunico, e così anche quei pochi momenti in cui ci possiamo vedere diventerebbero un miraggio».
Dal 20 dicembre la famiglia vive in un albergo di Varna. Non è una casa, è una sistemazione provvisoria e precaria.
«Non è propriamente nel centro del paese, anzi – prosegue Seerwan – è in un luogo piuttosto lontano dal resto dell’abitato, quindi mia moglie e i miei figli non escono mai. Restano lì tutto il giorno, non conoscono le lingue né le persone del posto. I bambini dovrebbero andare a scuola, ma al distretto dicono che ci potranno andare solo quando avranno la residenza. Se nessuno ci darà una mano, dopo il 10 gennaio dovremo separarci di nuovo. E chissà quando ci potremo ricongiungere veramente». S.M.