BOLZANO. Si è spenta a Torino, dove viveva, la partigiana Marisa Scala, deportata nel campo di concentramento di via Resia, testimone chiave al processo contro Michael Seifert, il “boia” del lager di Bolzano. Aveva 99 anni. «In aula al processo di Verona - ricorda l’Anpi di Bolzano - seppe resistere anche alle aggressioni dell'avvocato filonazista di Seifert che cercò con ogni mezzo di minarne la credibilità. La sua forza, il suo coraggio e la sua coerenza di combattente per la libertà sono state, sono e saranno preziose per noi e per le nuove generazioni». Nata a Verona nel novembre del 1919, figlia di un impiegato di banca che aveva perso il lavoro per la scelta di non iscriversi al partito fascista, Marisa Scala si era trasferita a Torino nel 1939 e, durante la guerra, si era avvicinata a Giustizia e Libertà. Partigiana durante la guerra di liberazione, era stata catturata tre volte dai tedeschi e rinchiusa nella famigerata caserma di via Asti a Torino con il dirigente Fiat Aurelio Peccei, per poi essere deportata a Bolzano e liberata solo alla fine della guerra. Al processo contro Seifert la sua testimonianza fu decisiva. «Nel campo di via Resia ho vissuto 45 notti di rantoli e urla - raccontò ai giudici -. Vidi Seifert, grande e grosso, tenere un prigioniero immobile mentre Otto Sein gli sfondava gli occhi con le dita. Allora capii le urla inumane che continuavo a sentire. Quel poveretto urlava, urlava, urlava. La notte successiva andò spegnendosi». E in tutto questo, Misha «era allegro e sorridente, sempre. Uccideva ridendo».

Domani 17 gennaio, l’Anpi dedicherà alla sua memoria, la presentazione del libro dello storico Costantino De Sante «Criminali del campo di concentramento di Bolzano. Deposizioni, disegni, foto e documenti inediti», frutto di un lungo di lavoro negli archivi in Italia e in Usa. Domani alle ore 18 presso la Biblioteca Civica, in via Museo 47.