Sicurezza, la destra sfila in corteo ma perde la Lega

Da Sigismondi a Urzì: gli ex nemici uniti contro «l’invasione» Un centinaio a parco Stazione, il Carroccio non aderisce


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Re Laurino, con sopra Teodorico, ne ha viste tante ma questa è stata forse la prima volta che li ha visti tutti insieme. Galateo e Lillo, Sigismondi e Murano, Vezzali e Pegoraro, Giovannetti e Tagnin, Urzì stretto a Salvadori e Puglisi Ghizzi a chiudere la marcia, non su Roma e neppure sul municipio ma sul parco da liberare. Perché il "percorso della legalità", quel centinaio di metri che dividono il giardino della stazione da piazza Magnago, il quadrilatero dei palazzi provinciali, ha fatto ritrovare al centrodestra dei mille spartiti un passo in sincrono. Nessuno fuori dalla formazione. «Siamo qui per riprenderci la città», ripeteva Marco Galateo che è riuscito ieri a prendersi anche la testa del gruppo ma non a portare in marcia la Lega che aveva già chiarito un "noi non ci saremo" indirizzato all'evento («troppe parole, noi pensiamo ai fatti», copyright del nuovo commissario padano) ma anche, in sottordine, a una manifestazione ritenuta molto su misura del loro ex consigliere comunale espulso dai ranghi del carroccio un po' troppo di recente. Al centro, come luogo simbolo, icona martiriologica di una Bolzano non più da bere, i giardini della stazione. Teatro, spesso, di cronaca nera se non nerissima. E anche ieri, quasi un'immagine simbolo, affollata di immigrati seduti sulle panchine e circondati da una polizia forse più preoccupata dalla marcia che non da loro. Erano gli stranieri al centro dei temi politici che coloravano i tanti cartelli dei manifestanti: «Siamo con le forze dell'ordine», oppure «certezza della pena» o ancora «solidarietà al personale dei treni e ai negozianti». Slogan molto insistiti. Anche nel comizio che ha seguito l'«ammassamento» nei giardini e che ha radunato un centinaio di persone, molti politici ma non solo. Tuttavia non il numero che alcuni si sarebbero aspettati. «Bolzano non è più il luogo dove siamo nati e cresciuti», ha detto Alessandro Urzì che ha accusato anche «la sinistra di essere contro la legalità, favorendo l'arrivo di nullafacenti e accarezzando il lassismo nell'applicazione delle leggi». Trovando gli applausi di uno schieramento che ha certificato un possibile percorso unitario del centrodestra bolzanino ancora diviso da sussulti personalistici mai sopiti. Da Uniti per Bolzano a Forza Italia ("sono qui in rappresentanza dell'onorevole Biancofiore" ha detto Murano mentre reggeva con Lillo un cartello), da CasaPound a Fitto, a Alto Adige nel cuore, Fratelli d'Italia, persino "Idea" il raggruppamento di Giovanardi e Quagliariello. Dopo la devastante (per lo schieramento) campagna elettorale per le comunali, era abbastanza singolare veder discorrere amabilmente il candidato sindaco del gruppo Gardini Mario Tagnin con Sigismondi esponente dell'ala biancofioriana e sostenitore del suo avversario in pectore Janes e poi Alessandro Bertoldi con Forest, Maurizio Vezzali con Murano. Gli unici stretti a loro stessi erano quelli di CasaPound, con Bonazza, Puglisi e gli altri a chiudere il corteo. Ma poi è arrivata anche una loro bandiera. Salutata da Galateo: «Avevamo chiesto a tutti di non portare le loro bandiere (intese di partito ndr) ma quella italiana è l'unica assolutamente gradita...». Applausi al tricolore a anche, molto sentito, «al lavoro delle forze dell'ordine». Tra i marciatori, anche Marzia e Annuska, Luisa e Matilde: «Non siamo politici ma abitiamo qui vicino. E tra via Marconi e il centro è un disastro: i giardini dei Cappuccini sono ormai invivibili, in quelli vicini le panchine sono piene di gente che dorme...». Ecco qui "il popolo" evocato da Galateo, Urzì e Lillo. Sostanzialmente contro gli stranieri. «E le loro scarcerazioni facili», era l'altro mantra. E ora? "Raccolta firme" preannunciano in coro.













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