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Silvia Pomella, Alfiere della Repubblica: «Così ho battuto la depressione»

La studentessa bolzanina del Pascoli è stata premiata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per il coraggio di affrontare e raccontare la malattia


Antonella Mattioli


BOLZANO. «Mamma, oggi è stata l’ultima visita dallo psichiatra, sono ufficialmente guarita. Ci sono giorni nella vita che difficilmente si dimenticano. Oggi è uno di quelli. La mia depressione non c’è più. L’ho sconfitta». Con l’entusiasmo dei 18 anni Silvia Pomella - studentessa bolzanina iscritta al quinto anno del Pascoli, il liceo delle Scienze umane sezione internazionale, stagista a primavera presso il nostro giornale e attuale nostra collaboratrice - il 23 settembre annunciava così in un post sulla sua pagina facebook, la fine dell’incubo.

La forza con cui ha vinto il “male oscuro”, il coraggio con cui ha raccontato l’uscita dal buio e il ritorno alla vita, sono state premiate dal capo dello Stato Sergio Mattarella che l’ha nominata Alfiere della Repubblica. In tutto sono 30 i giovani che hanno ottenuto l’importante riconoscimento, per “essersi distinti per l’uso consapevole e virtuoso degli strumenti tecnologici e dei social network, anche in relazione ai problemi posti dalla pandemia. I casi scelti - si legge nella nota della Presidenza della Repubblica - sono emblematici di comportamenti da incoraggiare, componendo un mosaico di virtù civiche espresse dai giovani durante questo lungo e difficile periodo”.

Hai ricevuto tu la telefonata del Quirinale?

No, l’ha ricevuta mia mamma (Elena Paris, ndr). Venerdì pomeriggio - quando sono tornata a casa - lo ha detto a me, a mio papà Erwin e a mia sorella Miriam, che in questo momento è a Caserta dove studia Medicina.

La tua reazione?

Non ci volevo credere. Sono scoppiata a piangere dall’emozione. Per il prestigioso riconoscimento che per me è ancora più importante per la stima enorme che ho per il presidente Mattarella. Ho chiesto a mia mamma mille volte se era proprio sicura di aver capito bene. L’ultimo dubbio si è sciolto questa mattina (ieri, ndr) quando ho letto - nero su bianco - sul sito del Quirinale il mio nome. Non era uno scherzo, era tutto vero.

Perché hai scritto quel post?

Perché, dopo un periodo molto difficile, volevo urlare al mondo la gioia di avercela fatta. Ho scelto di infrangere un tabù, lanciando un messaggio di speranza: ce l’ho fatta io, ce la possono fare altri che si trovino ad affrontare la malattia di cui in genere si parla poco.

Com’è possibile che una persona come te, che sprizza entusiasmo ed energia da tutti i pori, si sia trovata a fare i conti con la depressione?

Perché può capitare a chiunque, anche agli “insospettabili”. Non tutto è come appare. Già in passato avevo sofferto di attacchi d’ansia che si sono ripresentati, in forma più grave, nell’autunno del 2019. Non volevo più andare a scuola; stavo a letto. Con la testa sotto le coperte. Mi alzavo solo per mangiare.

Quando hai cominciato a uscire dal “buco nero”?

Quando con l’aiuto prezioso della mia famiglia, dei miei insegnanti, dei miei compagni di classe, ho capito che la depressione è una malattia e come tale va curata. Non bisogna vergognarsi: chi ne soffre non ha colpe, ma vive una sofferenza profonda che ti divora dentro. È dura anche per chi ti sta accanto. Ringrazio tutti dunque: lo psichiatra Luca Tessari, la psicologa Linda Papavangjeli e tutte quelle persone che, pur non sapendo, mi sono state vicino. Il 23 settembre, con l’ultima visita dallo psichiatra, per me è iniziata una nuova vita.

Le tue giornate adesso sono pienissime.

Sì. Ci sono la scuola, il pianoforte, i libri. Poi mille impegni come rappresentante di classe, presidente della Consulta studentesca, nell’Anpi, in Amnesty e Fridays for future. Insomma, in tutte le iniziative dove si lotta per i diritti umani io ci sono. Assieme ai miei amici Diego Laratta e Pietro Marchi.

Dopo la maturità, hai già deciso cosa farai?

Penso di iscrivermi a Giurisprudenza.

In Italia o all’estero?

Non ho ancora deciso. Se andassi all’estero, mi piacerebbe a Berlino, dove sono nata. Anche se ho vissuto lì solo pochi mesi. Poi la mia famiglia - mamma di madrelingua italiana e papà di madrelingua tedesca - si è trasferita a Cortaccia dove ho trascorso l’infanzia. Adesso, da qualche anno, abito a Bolzano.

Posso violare la tua privacy, sei vaccinata?

Ovvio che sì! E l’appello a chi ancora non l’ha fatto è a vaccinarsi. In questi mesi siamo tornati alla scuola in presenza. Non se ne poteva più di lezioni a distanza. Non vorrei che a causa di un peggioramento della pandemia, dovessimo tornare a seguire le lezioni da casa.

 













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