Sindacati e imprenditori «No all’uscita dall’euro»

Serafini: con le piccole patrie non si va da nessuna parte, ridurre i divari salariali Repetto chiude ai populismi: «Piuttosto si lavori per abbattere la burocrazia Ue»


di Maurizio Dallago


BOLZANO. Su un paio di punti sono d’accordo sia gli imprenditori che i sindacalisti. In primo luogo l’uscita dall’euro sarebbe una sciagura per l’economia italiana. Secondo: un cambio di rotta in termini di investimenti, con lo stop a politiche di rigore che, da sole, non fanno ripartire l’economia. A questi temi, occorre aggiungere, da parte sindacale, i riflettori sugli aspetti sociali e sulle politiche salariali che mostrano notevoli squilibri tra le diverse aree dell’Ue. Questi, per sommi capi, gli argomenti su cui le parti sociali chiedono di agire al futuro parlamento ed alla nuova commissione europea. Istituzioni che usciranno anche dal voto in Italia del 25 maggio prossimo.

Tre gli aspetti che il mondo sindacale rivendica per una ripresa dell’economia italiana ed dell’Europa: una politica fiscale omogenea in tutti i Paesi, l’equiparazione delle politiche contrattuali e salariali e un allentamento della linea di austerità. Lo sottolineano in coro i segretari generali altoatesini di Cgil, Cisl e Uil ovvero Alfred Ebner, Tila Mair e Toni Serafini. «Non si può andare avanti solo con politiche di risparmio, ma occorre cambiare strategia e investire sul lavoro», spiega Ebner, evidenziando come comunque «sia necessario andare a votare, contro il rischio del menefreghismo che porta all’astensionismo». Tra i pericoli della prossima legislatura europea Ebner cita quello del possibile radicalismo di destra. E se Tila Mair mette l’accento su nuove politiche sociali che riescano a tamponare gli effetti della crisi, Toni Serafini si augura che «si arrivi ad una maggiore omogeneità dei salari tra i 28 Stati membri, dove vigono norme molte diverse tra loro». Il segretario della Uil cita le notevoli differenze salariali tra i Paesi dell’Europa orientale ed il resto della Ue. Per il sindacato la moneta unica deve rimanere. «No alle piccole patrie», ancora Serafini.

Un no secco ad uscire dall’euro arriva da Arrigo Simoni, imprenditore e vicepresidente di Fiera Bolzano. «Sarebbe uno sbaglio per l’Italia». Sulla stessa lunghezza d’onda l’imprenditore edile Vittorio Repetto. «La strada non può essere quella di uscire dall’euro e nemmeno quella di un populismo che non risolve i problemi», afferma Repetto. Per quest’ultimo diventa, invece, importante, cambiare alcuni indirizzi delle politiche europee, con un rilancio dell’economia, la riduzione della burocrazia che poi si riflette nelle norme che, a cascata, vengono fatte su base statale e regionale. Infine risposte concrete sul credito, che per il mondo delle imprese, rappresenta sempre un problema da risolvere.

«L’applicazione di una politica di solo rigore e risanamento strutturale, imposta dall’Ue agli Stati membri, si è dimostrata inefficace a contrastare gli effetti della crisi e ad avviare processi di sviluppo, accentuando la disoccupazione e il disagio sociale ed acuendo, al contempo, il divario fra Paesi», evidenzia Claudio Corrarati. «Il ritorno alle monete nazionali sarebbe devastante per l’Italia gravata da un debito pubblico tra i più alti al mondo», chiude il presidente della Cna Alto Adige. Crescita è la parola d’ordine.













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