Sos Parkinson: in Alto Adige ci sono 150 nuovi casi l’anno 

Circa 1.500 malati, entro il 2030 saranno il doppio. Klaus Seppi (neurologo) : «Diagnosi precoce fondamentale» Zendron (Associazione Parkinson): «Qui i malati sono senza fisioterapia. Senza terapie riabilitative non c’è vera cura»


Valeria Frangipane


Bolzano. La popolazione invecchia ed i numeri del Parkinson - come quelli di altre patologie neurovegetative - aumentano. In Alto Adige i malati sono circa 1.500 (0,2% della popolazione) con 150 nuovi casi l’anno che raddoppieranno entro il 2030. Numeri al centro del convegno - “Parkinson, come riconoscerlo, studiarlo e curarlo” - che si è tenuto alla Scuola Claudiana - con Klaus Seppi, neurologo alla clinica universitaria di Innsbruck - premiato dal presidente Arno Kompatscher nel 2016 per i suoi studi - che ha parlato delle novità della ricerca e dell’importanza della diagnosi precoce, raccomandando ai pazienti di rimanere attivi il più a lungo possibile senza arrendersi mai.

Zendron: troppi ritardi, senza

fisioterapia non c’è cura vera

Alessandra Zendron, presidente Associazione Parkinson, è sintetica: «La ricerca è importante ma i malati devono andare avanti e senza le terapie riabilitative non c’è cura vera perchè i farmaci risolvono solo parte del problema. Per questo continuo a battere lo stesso tasto e dico che in Alto Adige abbiamo un problema gravissimo da risolvere perchè a Bolzano i malati non hanno accesso ad adeguate terapie di riabilitazione, indispensabili per mantenere le abilità motorie. Se non si trovano soluzioni in molti sono condannati a perdere l’autonomia. L’ho detto e lo ripeto». Ma cosa manca? «La diagnosi del fisiatra. In Alto Adige i neurologi non possono prescriverla ed il paziente deve rivolgersi al fisiatra con i tempi infiniti che conosciamo. Va da sè che non si faccia alcuna fisioterapia al di fuori di quello che riesce a proporre la nostra associazione. Il 27 agosto scorso abbiamo avuto un lungo incontro con il direttore generale dell’Asl Florian Zerzer che ha promesso di istituire una commissione per elaborare il Pdta (programma diagnostico terapeutico assistenziale) per ogni malato... finora però non abbiamo avuto nessuna notizia. Ricordo che a Trento il Pdta è quasi pronto».

E c’è dell’altro. «Purtroppo - continua Alessandra Zendron - credo che tutta la sanità pubblica sia in crisi specialmente per quanto riguarda le malattie croniche. Non esiste un Centro di riabilitazione e fisioterapia come per esempio quello di Villa Igea a Trento o Villa Margherita a Vicenza. Il 18 di questo mese andremo a visitare il Centro di riabilitazione di Cernusco (Milano) diretto da Claudia Meinecke che è stata primaria di Riabilitazione a Merano. Credo che ne trarremo degli insegnamenti».

Seppi: i campanelli d’allarme

per intercettare il morbo

Il professore che ha coordinato - tra il resto - un gruppo di ricerca all'ospedale di Brunico ritiene fondamentale il ruolo dei biomarker nella diagnosi precoce: «Esistono precisi campanelli d'allarme che ci aiutano ad intercettare il Parkinson» che si manifesta quando la produzione di dopamina nel cervello cala consistentemente «e sono, per esempio, la perdita dell'olfatto, i disturbi del sonno (i cosiddetti disturbi del sonno Rem) ecc.». Tra gli altri ricordiamo la costipazione, problemi intestinali e della vescica, la mancanza di espressione facciale, una persistente rigidità del collo, la scrittura che si fa lenta e stretta, il tono della voce che muta. «Un trattamento precoce con farmaci ancora da sviluppare potrebbe avere un effetto benefico sul decorso ... se solo il morbo potesse essere individuato precocemente... anche prima che si manifestino i sintomi. Per questo sarebbe importante - continua - riuscire ad utilizzare test per l’identificazione precoce della patologia, perché quando i segni caratteristici sono già evidenti e parlo di lentezza del movimento o tremore, vuol dire che il processo neurodegenerativo è in fase avanzata. Importante come detto arrivare prima e lavorare più intensamente sulla diagnosi della cosiddetta fase prodromica, che dura spesso da mesi a decenni, nella quale i sintomi non si sono ancora espressi ma già in nuce. Ricordo che il mio obiettivo scientifico si concentra sulla diagnosi e la terapia». Per comprendere meglio il Parkinson - e trovare sbocchi terapeutici - è importante anche indagarne le cause. «Oggi sappiamo che alle nostre latitudini in una piccola percentuale la malattia può avere cause genetiche. Esistono poi eventi multifattoriali come il processo di invecchiamento, ripetuti shock cerebrali, l'esposizione regolare a solventi ecc. Anche un microbioma alterato sembrerebbe giocare un ruolo importante». Gli uomini contraggono la malattia più frequentemente e precocemente. Sembra che le persone fisicamente attive si ammalino con meno frequenza e a un’età più avanzata.

È stato osservato anche come il tai chi, lo yoga, la danza abbiano un effetto positivo sulla malattia. E si tratta sempre di movimento.













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