Sotto torchio marito e vicini «Una comunità chiusa» 

L’indagine. Sentiti fino a notte fonda al Comando dei carabinieri di San Candido. Prima di chiamare il 112, un giro di telefonate con i colleghi e gli abitanti della palazzina



San candido. Alberghi, ristoranti e pizzerie sono ancora addobbati con le luci natalizie e la neve, pur non abbondante, regala al paesaggio di Versciaco un aspetto quasi fatato. Finita la bassa stagione, l’intera valle si accinge ad accogliere la nuova ondata di turisti per quella che, fino alla prima di marzo, è considerata l’alta stagione. In quelle luccicanti strutture turistiche lavorano tutti i membri del piccolo gruppo di pakistani che alloggia al civico 2 di via Anger, insieme a Mustafa e Fatima.

Tutti grandi lavoratori, tutte persone per bene, ma comunque isolati dal resto del paese. In pratica, una minuscola comunità, con la sua lingua, con le sue usanze, con le sue tradizioni e i suoi orari. A confermare questa “distanza”, i vicini, che ieri hanno osservato il viavai di carabinieri e sanitari con aria quasi distaccata, non certo per disinteresse o cattiveria, quanto perché davvero in pochi, tra loro, avevano avuto contatti con quei lavoratori stranieri o addirittura che al primo piano della villetta abitassero dei pakistani.

Anche per questo, come spiega un residente, è passato un bel po’ di tempo prima che qualcuno si allarmasse e si informasse su cos’era accaduto. D’altra parte, non bisogna dimenticare che, in quell’angolo di paese, ci sono quasi esclusivamente “case vacanze” e, quindi, per i pochi residenti “veri” è quasi impossibile conoscere chi vive nella palazzina di fronte per una, al massimo due settimane. Il gruppo di pakistani era lì da più tempo, è vero, ma sembrava vivere in una dimensione parallela, senza che le loro esistenze toccassero quelle dei vicini. Solo l’arrivo dei carabinieri – sul posto è arrivato anche il comandante provinciale Cristiano Carenza – ha dato una scossa all’apatia del minuscolo quartiere e quando sono comparsi i militari della Sezione investigazioni scientifiche, con le loro tute bianche, qualcuno ha realizzato che era accaduto qualcosa di davvero grave.

Gli stessi carabinieri che, fino a notte fonda, con l’aiuto di due interpreti collaboratori della Procura di Bolzano, hanno ascoltato sia il marito della giovane morta che gli altri pakistani.

Più volte, inoltre, durante il pomeriggio, il personale dell’Arma ha fatto la spola tra il comando compagnia di San Candido e la casa di via Anger 2/b, insieme a giovani pakistani. Sul perché lo abbiano fatto e su cosa cercassero, gli inquirenti hanno mantenuto il più stretto riserbo. L’uomo, dal canto suoi, avrebbe più volte negato qualsiasi tipo di responsabilità nella tragedia.

La versione dei fatti fornita dall’uomo è stata confrontata con quelle fornite dai vicini, a cui Mustafa ha telefonato a più riprese dopo il decesso di Fatima. Un ruolo importante potrebbero avere proprio le dichiarazioni di quei vicini e anche dei colleghi di lavoro di Mustafa per cercare di capire quali fossero i rapporti tra l’uomo e sua moglie e sapere se tra loro vi fossero tensioni di qualche tipo. Quale esito abbiano avuto gli interrogatori notturni, lo sapremo nella giornata di oggi. Il resto lo dirà l’esame autoptico.

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