Sportler, il caffè è offerto da camerieri speciali

Iniziativa promossa dagli “Yankees Bolzano 96” con l’associazione “Il sorriso” Il sogno dei ragazzi con disabilità: «Aprire un giorno un bar o un ristorante»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Da grande mi piacerebbe aprire un bar assieme al mio amico Manuel». È il desiderio di Samuel Pantano, 12 anni, che con Manuel Sanna, quattro in più, entrambi bolzanini, fanno parte dell’associazione “Il sorriso” che raccoglie un centinaio di famiglie che hanno figli con la sindrome di Down.

Il sogno di Samuel è la speranza dei genitori suoi e di tutti coloro che hanno figli con handicap: renderli il più possibile indipendenti, che significa aiutarli a trovare un lavoro.

È un po’ questo lo spirito con cui la squadra di calcio “Yankees Bolzano 96” in collaborazione con “Il sorriso” ha promosso “Kaffé 21”: per tre giorni, da venerdì ad oggi, una decina di ragazzi tra i 10 e i 16 anni, affetti da diverse disabilità, distribuiscono il caffé all’interno del negozio Sportler di piazza Municipio.

Grembiule rosso e maglietta degli Yankees bianca e rossa, i ragazzini si sono calati subito nella parte dei camerieri. L’apparecchiatura è stata posizionata al pianoterra del grande negozio di articoli sportivi e loro si danno da fare ad invitare i clienti a prendere il caffè. Chi vuole - spiegano - può lasciare un’offerta nel maialino di porcellana rosa.

Supervisore dell’iniziativa Simone Pantano, papà di Simone, che ha fortemente voluto anche la creazione della squadra di calcio: ne fanno parte una quindicina di ragazzini con disabilità e non, allenati da Alessandro Varner che segue le giovanili del Bolzano.

«Per loro - dice Pantano - è un’occasione per trovarsi, fare sport, creare rapporti di amicizia. La soddisfazione più grande l’abbiamo avuta con un bambino autistico. È arrivato da noi e se ne stava isolato a bordo campo, apparentemente indifferente a tutto quello che avveniva intorno a lui. Tanto che in più occasioni siamo stati tentati di dire alla mamma che non aveva senso insistere: il bimbo non si sarebbe mai integrato. Ci sbagliavamo. Un giorno è entrato in campo e si è piazzato in difesa. Da allora, estate e inverno che sia, non perde un allenamento. Cos’è scattato? Non lo so. Forse, semplicemente, si è sentito accolto dal gruppo».

Anche il caffè servito ai clienti di Sportler esprime la ricerca da parte delle famiglie dell’integrazione dei figli.

«Il tempo vola - spiega ancora Pantano - e la forbice tra i nostri figli e gli altri ragazzini si allarga, per questo è importante giocare d’anticipo, favorendo il contatto tra loro e il resto del mondo. Abbiamo chiamato l’iniziativa Kaffé 21 come il bar-ristorante aperto in America da un giovane Down. A dimostrazione che questi ragazzi hanno delle potenzialità che vanno sostenute e valorizzate. Perché anche loro possano avere un futuro che sia il più autonomo possibile».

Ci sono già delle esperienze interessanti nel resto d’Italia. Caffè 21, dal nome tecnico della sindrome di Down che è trisomia 21, è il progetto che alcune famiglie stanno portando avanti a Varese, dove all’inizio dell’anno nuovo a servire caffé e cappuccini al bar del Comune a palazzo Estense, saranno i ragazzi Down.

Il modello al quale si ispirano è Milano, dove da due anni, nel cuore del parco Sempione, un gruppo di disabili gestisce la Locanda alla mano, un punto di ristoro, concesso dal Comune.

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