Stocker: sugli ospedali si poteva fare di più 

Il bilancio dell’assessora: «Ma non avrei chiuso strutture». La solitudine: «Gli esperti erano con me»



BOLZANO. Tutti chiedono a Martha Stocker cosa farà dopo le elezioni, cui ha deciso di non candidarsi. Ma c’è tempo, prima di potersi considerare una ex politica: «Credo che la giunta lavorerà fino a gennaio. Poi un po’ di riposo e poi mi dedicherò a ciò che mi piace. Ci sono tante cose belle». Martha Stocker ha chiuso ieri il ciclo di incontri di fine legislatura degli assessori. Ha scelto il centro sportivo di Maso Ronco ad Appiano, perché il suo assessorato comprende salute, sport, politiche sociali, lavoro e pari opportunità. Molte deleghe da trincea, che l’hanno in parte triturata: la riforma sanitaria, la gestione dei profughi, il welfare. «E il lavoro no?», aggiunge, «Siccome l’economia va meglio, ci si dimentica che abbiamo iniziato a lavorare come giunta occupandoci di grande aziende che chiudevano, con centinaia di dipendenti da accompagnare e possibilmente ricollocare». Dopo l’annuncio del ritiro Martha Stocker ha raccontato la solitudine politica in cui si è trovata a gestire le fasi più tese della riforma sanitaria, con i cortei dei sindaci. Ieri lo ha ripetuto, a margine dell’incontro, ma per il suo bilancio di fine mandato ieri c’erano decine di persone, tra associazioni, società sportive, funzionari provinciali e della sanità. «Siete stati i miei pilastri, grazie a voi ho scoperto realtà che non conoscevo», ha detto Stocker, molto coinvolta nel settore della disabilità: ieri ha invitato una band formata da persone con disabilità. Sulla sanità sottolinea: «Ho avuto con me gli addetti ai lavori e chi ha capito che non ho lavorato per oggi e per domani, ma per dopodomani». Quasi in solitudine ha gestito l’ondata dei richiedenti asilo, con i sindaci da convincere, anche se l’assessorato all’integrazione è di Philipp Achammer. La riforma sanitaria è frutto anche di un compromesso politico. Se avesse avuto la bacchetta magica, come l’avrebbe utilizzata? «Avremmo potuto fare di più sui reparti, ragionando su unificazioni notturne. Avremmo una situazione migliore sulle liste di attesa». Avrebbe chiuso qualche ospedale periferico, si può dire? Scuote la testa: «No, assolutamente. Non ho mai avuto questa idea». Sulla vicenda del direttore generale Thomas Schael, conclusa con l’accordo sull’uscita anticipata, Stocker ribadisce: «Il suo nome è stato proposto da una commissione di alto livello».

Nel settore del lavoro cita, tra l’altro, «una misura che ha una particolare valenza sotto il profilo della politica autonomistica, un fondo di solidarietà che è andato a sostituire la cassa integrazione».

Dal 2015, con la crisi dei richiedenti asilo «sono stati creati trenta centri di accoglienza straordinaria (Cas) in tutta la provincia, nei quali attualmente sono ospitati 1370 richiedenti asilo. Oggi 550 di loro lavorano e questo è un risultato di tutto rispetto anche a livello europeo e la migliore base affinché possano costruirsi una nuova vita».

Così Stocker sul Piano sanitario provinciale 2016-2020: «Le grandi sfide che hanno reso necessario il riordino dei servizi sanitari sono l’invecchiamento della società, l’aumento delle malattie croniche. Gli enormi sviluppi della medicina, la carenza di personale specialistico e non ultimo l’aumento delle attese delle persone». (fr.g.)

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