Stranieri e conta etnica Prime aperture nella Svp

Quasi un decimo della popolazione non rientra nei tre gruppi ufficiali Il deputato Brugger: «Serve un passo avanti nell’integrazione, studiamo come»


di Marco Rizza


BOLZANO. Oltre 44 mila persone. Più dell’intera Merano, il doppio della popolazione di Bressanone. L’8,7% della popolazione totale. È il numero di stranieri, uomini e donne, residenti in Alto Adige, che col loro lavoro spesso garantiscono la sopravvivenza di aziende e servizi - ma che non possono rilasciare la dichiarazione etnica perché non hanno i cinque anni di residenza e la cittadinanza italiana. Anzi, molti di loro hanno anche i cinque anni di residenza ma non ancora la cittadinanza. Fantasmi per la conta etnica, un esercito di cittadini di serie B che non solo non possono usufruire dei diritti di chi rientra nei tre gruppi etnici ufficiali ed è quindi «protetto» dalla proporzionale, ma non vengono nemmeno presi in considerazione dalle statistiche.

Tutti esclusi, con le attuali regole. E secondo il presidente Durnwalder queste regole non vanno cambiate «perché funzionano benissimo» visto che «garantiscono l’equilibrio tra i gruppi». Cioè tra i tre gruppi ufficiali: tedeschi, italiani e ladini. Ma anche nella Svp esiste un fronte di chi pensa che la conta etnica non funzioni più per fotografare la società. Su queste posizioni è ad esempio Siegfried Brugger, deputato ed ex segretario Svp: «Dobbiamo in qualche modo tenere conto di tutte le persone che vivono in Alto Adige e che non appartengono ai tre gruppi - dice -. Non possono sparire dalle statistiche e parlare di questo tema non può essere un tabù. Siamo già in ritardo rispetto all’Europa». Ovviamente Brugger si muove con cautela: «Sappiamo che la presenza di tanti stranieri comporta vantaggi ma anche problemi: la lingua (chi viene da fuori credo debba conoscere le due lingue), la scuola, i diversi modelli familiari, il rispetto della cultura del posto. L’integrazione deve portare anche doveri ed è troppo semplicistico dire “chi lavora qui ha gli stessi diritti degli altri”. Però non si può nemmeno fare finta che non esistano: dobbiamo fare un passo avanti. I tre gruppi ormai sono stabili, tutti accettano le regole dell’autonomia, quindi possiamo condividere nuovi ingressi nella società». Quale strumento usare per fare questo «passo avanti»? Non ancora la Commissione dei Sei, dice Brugger: «È troppo presto per buttare lì una proposta concreta. Prima dobbiamo parlarne tutti insieme a livello politico».

E sulla proporz nella divisione dei posti pubblici tra i tre gruppi il deputato aggiunge: «Sono per aumentarne ulteriormente la flessibilità. Oggi per la sanità e le dirigenze lo facciamo, bisogna proseguire su questa strada. Non possiamo fare i conti rigidamente con un punto decimale in più o in meno...».

Che la conta etnica debba in qualche modo essere ripensata lo pensa anche Dieter Steger, uno dei leader dell’ala economica del partito: «Bisogna muoversi coi piedi di piombo - dice - perché finora il sistema ha retto e non lo si può cambiare da un giorno all’altro. Ma è vero che per il futuro dobbiamo pensare a qualcosa di nuovo, c’è una grossa fetta di nuovi cittadini che ha cambiato le condizioni rispetto al passato. Non ho soluzioni e non credo ci sia la bacchetta magica, ma almeno discutiamone. L’importante è che le eventuali scelte siano condivise da tutti».

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