Su Ötzi scoperto il tatuaggio numero 61

Samadelli: «Individuato grazie ad una tecnica fotografica che consente di vedere gli strati più profondi della pelle»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «L’ultimo tatuaggio l’abbiamo individuato sul torace: sono quattro righe parallele, invisibili oltre che ad occhio nudo anche con le tecniche che avevamo utilizzato finora. La cosa fantastica è che Ötzi a 25 anni dal ritrovamento non smette di riservarci sorprese e fornire elementi per ulteriori indagini». La scoperta è di Marco Samadelli, 42 anni bolzanino, uno dei massimi esperti a livello internazionale di conservazione di mummie - di questi giorni la nomina a consulente delle mummie del Museo egizio di Torino - e degli altri ricercatori dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman dell’Eurac che da circa venti anni studiano i segreti di Ötzi.

Una parte dei tatuaggi presenti sul corpo dell’Uomo venuto dal ghiaccio erano stati notati fin dal giorno del ritrovamento, il 19 settembre del 1991 sul ghiacciaio del Similaun, al confine tra Alto Adige e Austria, da parte di Erika ed Helmut Simon, una coppia di escursionisti di Norimberga.

«Da allora - spiega Samadelli - sono stati effettuati diversi studi per cercare di identificare i tatuaggi e contarli, ma non avevamo un quadro completo, perché le tecniche tradizionali finora non ci consentivano di “vedere” tutto».

L’ulteriore passo avanti nella ricerca scientifica sul corpo della preziosissima mummia, che ha 5.340 anni, si deve a quella che è a prima passione dell’esperto bolzanino, ovvero la fotografia. Samadelli, che da ragazzino sognava di fare il cameramen, è approdato nel 1996 all’Ufficio beni archeologi proprio dopo aver vinto un concorso come fotografo che lo porta, all’inizio, in giro per la provincia ad immortalare siti archeologici.

L’incontro con la mummia è del tutto casuale. «Quando - racconta - per far rientrare Ötzi, conservato in una cella della clinica universitaria di Innsbruck, la Provincia decise di realizzare il prototipo dell’impianto di conservazione negli scantinati dell’ospedale Tappeiner di Merano, l’Ufficio beni archeologici affidò a me l’incarico di seguire il cantiere, perché ero l’unico dell’Ufficio ad avere competenze nel settore dell’elettronica e dalla meccanica. Gli altri erano archeologi». L’interesse per la Mummia lo ha poi portato a laurearsi all’Università di Camerino in Scienze e tecnologie per la conservazione e il restauro di beni culturali, ma la passione per la foto si è rivelata preziosa per approfondire la conoscenza scientifica dell’Iceman.

Qual è la tecnica che vi ha consentito di individuare l’ultimo tatuaggio?

«Abbiamo utilizzato una macchina Reflex digitale modificata in grado di vedere in ampio spettro di frequenza dall’infrarosso all’ultravioletto. Ogni foto è stata scattata sette volte, ogni volta con una diversa lunghezza d’onda in modo da raggiungere le diverse profondità a cui le polveri di carbone usate per i tatuaggi si sono depositate. Per gli strati più superficiali sono sufficienti i raggi ultravioletti, per quelli più profondi gli infrarossi ».

Quanti tatuaggi ci sono sul corpo di Ötzi?

«Sessantuno suddivisi in 19 gruppi. La nuova tecnica ci ha consentito di effettuare una mappatura precisa».

Che caratteristiche hanno?

«Sono linee lunghe dai 7 millimetri ai 4 centimetri, nella maggior parte dei casi disposte parallelamente in gruppi di due, tre o quattro linee. Tra i tatuaggi anche due croci. Sono concentrati quasi tutti sulle gambe, ad eccezione di due sui polsi e due sulla schiena».

La particolarità del sessantunesimo tatuaggio che avete appena scoperto?

«La posizione: l’ultimo si trova a destra sulla parte bassa del torace».

Qual è il significato?

«Noi abbiamo fatto la mappatura e abbiamo identificato l’ultimo tatuaggio. Ora tocca agli antropologi spiegarne il significato. La cosa interessante di Ötzi è che continua a darci sempre nuovi spunti per ricerche e interpretazioni».

Finora che interpretazioni sono state date ai tatuaggi?

«Le più svariate: si spazia da quelle spirituali a quelle di tipo terapeutico. In particolare, basandosi sulla posizione dei tatuaggi individuati prima all’ultima scoperta, alcuni studiosi avevano ipotizzato che si trattasse di un trattamento terapeutico, una sorta di agopuntura, per alleviare il dolore alle articolazioni: soffriva di artrosi. Il nuovo tatuaggio sul torace riapre il dibattito sull’utilizzo dei tatuaggi in epoca preistorica. In quest’ottica lo studio costituisce un ulteriore tassello a disposizione degli antropologi per capire se al tempo - Ötzi ha vissuto tra la fine del Neolitico e l’inizio dell’età del Metallo- i tatuaggi avessero una valenza terapeutica, simbolica o religiosa».

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