Svp e doppio passaporto: la “vendetta” degli ex 

Da Hosp a Brugger, i «vecchi» leoni del partito danno un segnale ai nuovi vertici La sfida: basta prendere tempo, datevi una mossa e trattate con Roma e Vienna


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Dopo che Van der Bellen ha detto: «Ragazzi, non è il caso...» la Svp sembra aver mollato la presa sul «Doppelpass». Ma il partito ha mille facce. Ed ecco allora che a ridisegnare, e rioccupare, la trincea del doppio passaporto ci pensano gli "ex", visto che il partito in servizio permanente non se la sente di ignorare il presidente austriaco e i suoi richiami al pragmatismo ragionevole. Ma non ex qualsiasi: infatti si tratta dell' «Svp club der ehemaligen Mandatare», in pratica i grandi ex, senatori, onorevoli, consiglieri regionali o provinciali. Insomma, i vertici. I quali ex vertici dicono che il passaporto austriaco è una richiesta legittima e ragionevole, che va dato a chi lo chiede, che deve restare una «scelta privata» e che, soprattutto va condiviso tra Roma e Vienna in «pieno spirito europeo». Questa la sostanza del richiamo. Che, come spesso succede nei grandi partiti, viene detto «alla nuora perchè suocera intenda». Vale a dire perché la Svp stessa si decida. Infatti non tutto è chiaro dentro la Volkspartei. Il presidente Kompatscher ripete appena può che sarebbe molto bello un passaporto europeo, il Parteiobmann lo cita molto meno che non la toponomastica o le competenze del commissario del governo. E invece ieri, proprio nella sede del partito, la richiesta è stata ferma e inequivocabile. A portarla avanti, in corpo, c'erano Bruno Hosp, Georg Pardeller, Franz Pahl ma anche Karl Ferrari, ex senatore e Siegfried Brugger già parlamentare e Obmann Svp. In spirito, tanti altri, tra i quali Luis Durnwalder che ha gestito ultimamente anche la Convenzione per la riforma dello statuto in piena coerenza "Doppelpass". Continui i richiami alla legislazione italiana in materia che ha riguardato la nostra minoranza «in Istria, Dalmazia e Fiume», ma anche quella sparsa per il mondo. Come pure i rimandi a normative similari per le minoranze tedesche in Slesia e in Polonia. Tanto che Franz Pahl ha detto che «Italia e Austria dovrebbero parlarsi a cuore aperto». Mentre Bruno Hosp ha continuato a porre il tema della «scelta privata e non necessariamente di gruppo». Ma molto insistite sono state le citazioni riguardanti "lo spirito pienamente europeo" di cui questa richiesta sarebbe in fondo intrisa. E che percorrono le tante pagine ( trentatrè!) del corposo dossier-comunicato consegnato ieri. Ma all'obiezione che , accanto a questo "spirito" sono molti i rimandi alla Vaterland, intesa come Austria, all'identità "nazionale" e di gruppo a tutto il resto, Siegfried Brugger ha risposto rispolverando la sua mai sopita verve politica: «Non fermiamoci alle richieste e alle sue forme. È come per il mio "limone spremuto" che tanti non hanno letto fino in fondo nella sua sostanza: qui si tratta di valori. Chiediamo che sia riconosciuta un'opportunità che è legata anche alla libertà». E gli italiani? «Io sono convinto che questa possibilità debba essere estesa anche a loro». E pure Bruno Hosp ha parlato di "amici italiani" con cui ragionare di questo. Ma non è diverso se il doppio passaporto viene concesso ad una minoranza "non rivendicativa" come quella italiana in Istria e invece ad una minoranza compattamente identitaria e autogovernante come quella sudtirolese? «Io non guarderei sempre le possibili ombre - insiste Brugger - perché, per dire, le nuove generazioni sia italiane che tedesche lo vedono come un'opportunità». Ma è chiaro che questo dossier va inteso soprattutto come segnale interno. Insomma, i "vecchi" del partito stanno dicendo a quelli in servizio: «E allora?, che fate?».















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