Svp, serve un progetto per il futuro

di Sergio Baraldi


Sergio Baraldi


L’Alto Adige deve affrontare tre passaggi che mettono a dura prova il suo modello: la globalizzazione con le sue leggi di competizione, l’Europa con il suo spazio politico-economico sempre più aperto, la definizione identitaria e demografica. Sono forze potenti che agiscono indipendentemente da noi e anche contro di noi. Ma c’è una quarta sfida, la più difficile e complessa di tutte: pensare e organizzare il futuro. E’ di fronte a questo scenario che sono riemerse le domande sul principale partito di governo, la Svp. Sappiamo quali sono le forze in movimento, sappiamo quali sono le priorità, ma sappiamo come saremo tra alcuni anni? L’impressione è che la Svp, il partito che ha la responsabilità del governo, faccia fatica a fornire risposte convincenti. Ci prova. Qualche volta offre segnali interessanti. Ma, ogni giorno, la Svp alimenta il sospetto che più che guidare la società la segua. Per questo il nostro giornale sta cercando di far capire meglio ai nostri lettori che cosa si muove nell’arcipelago del partito di raccolta.
Non è interesse di nessuno che la Svp fallisca. Ma è interesse di tutti che la Svp sappia pensare il futuro. Oggi i lettori troveranno un’ampia intervista del segretario politico della Svp, Theiner. Ebbene, Theiner sostiene che il modello Svp reggerà alla prova e indica quali sono le idee che trainano il partito di raccolta.
A cominciare dallo stato sociale. Theiner è un uomo intelligente, un politico attento, ma alcune riflessioni s’impongono. Non vorrei ripetere qui le chiavi di lettura fornite dai nostri Campostrini, vale a dire una Svp periferica che non riesce a farsi centro, e Fattor, una Svp che non supera una concezione della storia che gli impedisce di fare i conti con la modernità. Vorrei prendere in considerazione, invece, il cuore del ragionamento di Theiner, perché nelle sue parole si vede il nocciolo della forza e del problema della Svp. Per quanto la Svp sia un partito conservatore, post democristiano, è figlio di una cultura politica che in modo diverso in Austria, in Germania e nei paesi scandinavi, ha inventato un modello che potremmo definire “socialdemocratico”. Si tratta di una cogestione della società tra le forze sociali che ha organizzato i rapporti sociali attorno ad alcuni principi regolatori: lo Stato sociale, il negoziato collettivo, e per l’Alto Adige la questione etnica come fondamento delle strutture democratiche. Difatti, Theiner si manifesta erede di questa tradizione quando afferma di non volere tagliare la spesa sociale, anche se i risparmi (le riforme, le chiama lui) si dovranno fare. Ma è proprio questo modello che mostra i segni della crisi, anche se il segretario della Svp non ne parla. Dovunque la politica e la società non hanno oggi in agenda il tema della cogestione, ma la ridefinizione dei significati di questi temi nel mondo attuale. Persino la questione identitaria ha le sue radici in questo conflitto. La Svp sembra vittima di una sfasatura temporale: affronta i problemi di oggi con la logica di ieri. Nessuno, ovviamente, vuole eliminare la spesa sociale. Ma il punto è che il negoziato è già derubricato a compromesso in cui sempre meno si riesce a trovare il punto di equilibrio. Proprio Theiner lo sta sperimentando con la sanità: deve imporre dei risparmi ai piccoli ospedali, ma così facendo rinvia il problema di una vera riforma strutturale. La verità è che per mantenere una qualità elevata del servizio sanitario e per evitare, quando l’Europa cancellerà i confini della salute, che i cittadini vadano a farsi curare a Berlino o a Parigi a spese della Provincia, questi compromessi rischiano di saltare. Perché o Bolzano sarà in grado di offrire una sanità all’altezza della qualità attesa, oppure si aprirà una lenta ma crescente migrazione della salute insostenibile per il sistema. Di conseguenza, occorrerebbe concentrare le risorse, premiare il merito, investire in capitale umano e strutture avanzate. Come si vede il problema non è la spesa sociale, ma come difenderla riorganizzandola su basi nuove. La questione è che così come siamo, anche quando saranno a regime gli interventi di Theiner, non bastiamo ad affrontare la sfida. In Europa all’ordine del giorno è iscritto il tema di come riformare strutturalmente la spesa sociale per salvarla, e come riqualificare l’intervento pubblico per renderlo più efficiente e meno costoso. E’ quello che fa la Merkel in Germania. Theiner, tra poco tempo, potrebbe dover varare una seconda riforma, più dura di quella di oggi. Ecco cosa significa progettare il futuro. Una canzone di Giorgio Gaber dice: “La realtà è un uccello che non ha memoria, devi indovinare da che parte sta procedendo”. Il modello della Svp è imperniato su un negoziato dominato dalle periferie e da figure sociali rispettabili, ma che non riconoscono le sfide del cambiamento imposte dal mondo moderno. Le risorse calanti logorano i compromessi che vengono stipulati, perché diventa più difficile accontentare tutti. Abituata a essere il partito della redistribuzione di risorse abbondanti - una distribuzione sbilanciata a favore di territori, gruppi linguistici e ceti - la Svp stenta a diventare qualcosa di nuovo, un partito politico con una visione. Se l’accordo negoziale non riesce più a trovare la soluzione senza creare degli scontenti, cosa accadrà sul piano del consenso? La partita politica si gioca sulla capacità del negoziato di dare sintesi a spinte sempre più centrifughe. Ma la grande partita riguarda il modello di sviluppo e la capacità del territorio di competere a livello europeo e globale. Potremo tenere in piedi un ospedale con 250 dipendenti a S. Candido, che serve molto al Veneto? E non finanziare le infrastrutture materiali e immateriali che servono all’economia, visto che l’innovazione è solo una parte di ciò che servirebbe? La Svp oggi non sceglie. Il rischio è che i piccoli ospedali vengano svuotati nei fatti, senza dirlo, non per un progetto, e che questa agonia alimenti disillusione e uno spostamento a destra. La difficoltà della Svp apre uno spazio ampio alle forze politiche italiane, se anch’esse sapessero pensare in grande e non si limitassero a seguire le convenienze tattiche. La gente ha sempre più bisogno di decodificare quello che accade, di una politica che non si limiti a gestire il presente, ma che dia speranza per il futuro. Occorre uno slancio che sappia interpretare il mondo per far fronte alle incertezze del domani. Sanno farlo centrosinistra e centrodestra? Proporsi come attori in grado di avanzare alla società un’offerta su autonomia e modernizzazione? La proposta che la Svp ancora non riesce a scrivere? Noi ci auguriamo che il sistema politico italiano e tedesco rifletta e dia risposte. In un bell’articolo di pochi giorni fa, il nostro Gianfranco Piccoli raccontava del motto di un consigliere di Dobbiaco. “Meglio ignoranti che morti”. Qualcuno dovrebbe spiegare che qui rischiamo di essere morti perché ignoranti. Invece, abbiamo bisogno di capire per vivere.

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