Tagli, non sono tutti uguali

di Giorgio Delle Donne


Giorgio Delle Donne


«Tutti gli animali sono uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri!”, si leggeva nella “Fattoria degli animali”, la splendida satira del sistema comunista staliniano scritta dopo l’esperienza della Guerra di Spagna dal socialista libertario Orwell, basata su una storia di animali, come nelle favole di Esopo e Fedro, a dimostrazione dell’assurdità di quelle rivoluzioni che, trasformatesi in regime, tradiscono i propri ideali. Nell’Alto Adige della «vollautonomie» gli animali che hanno giustamente rivendicato una autonomia territoriale per difendere la minoranza nazionale negano l’autonomia agli animali localmente minoritari, quelli che nello Stato sono maggioranza, sprezzantemente definiti “lo Staatsvolk”, impedendo loro di studiare la lingua locale come meglio credono, obbligandoli a rimanere monolingui in un territorio ed in un’epoca plurilingue, ed esercitando anche in questo caso un potere esclusivamente basato sui numeri, gli stessi numeri che, se applicati a livello nazionale li schiaccerebbero inesorabilmente. Gli animali localmente maggioritari accusano i minoritari di avere aderito ad un regime totalitario di massa fascista.
Ma dimenticandosi di avere massicciamente optato per Hitler. Pur essendo animali che si considerano evoluti, sono certamente contrari alle teorie di Darwin, che descriveva l’evoluzione storica della specie, e convinti assertori della teoria del creazionismo, secondo la quale l’Universo è stato creato da Dio, che ovviamente non poteva che parlare la loro lingua ed avere denominato questi luoghi solamente in una lingua, la loro. Da ferventi cattolici, credono all’immortalità dell’anima, e ritengono che poco meno di un secolo di appartenenza territoriale di questa provincia ad uno Stato che non è il loro sia una inezia storicamente insignificante, che non può caratterizzare la toponomastica della fattoria. Le diverse stalle della fattoria non sono curate allo stesso modo. Nella stalla grande concentrano la maggior parte degli animali alloglotti, quelli che parlano un’altra lingua, come venivano sprezzantemente definiti loro dai fascisti, sia quelli dello Staatsvolk sia gli altri stranieri di recente immigrazione, concentrati nella stalla grande e nelle scuole dello Staatsvolk, caricando queste scuole del compito (difficoltà e costi compresi) dell’integrazione, salvo poi lanciare segnali d’allarme in vista del prossimo censimento, per la possibilità che gli animali ultimi arrivati nella fattoria si aggreghino con i penultimi arrivati, obbligandoli a spartirsi diversamente il mangime.
Nella cartografia della stalla grande hanno scritto “hic sunt leones” e malvolentieri sopportano la cattiva gestione dei numerosi e diversi animali presenti, così eterogenei ed incapaci di fare gruppo e per questo inesorabilmente destinati a diventare gregge, dove galli e galletti pasquali spagnoli si pavoneggiano ed ogni tanto strepitano i classici ruggiti del coniglio. Nella grande stalla hanno concentrato anche l’aeroporto, l’inceneritore e tutto ciò che può rovinare la salute degli animali della splendida fattoria, la cui salute è considerata talmente importante da giustificare la presenza di veterinari pagati come primari in strutture ospedaliere periferiche così costose e sovradimensionate che nemmeno la ricca fattoria svizzera potrebbe permettersele. Ogni tanto il padrone del maso si preoccupa della sostenibilità economica della fattoria e propone di tagliare le razioni di fieno dei viziatissimi animali di periferia, ma visto che esiste una divisione etnica del territorio, oltre che del lavoro, gli animali della periferia che ululano come il padrone del maso raccolgono qualche firma e fanno telefonare al boss dai loro pastori e tutto muore lì, mentre quando i rumorosissimi a sgarrupatissimi animali della stalla grande si sono ribellati alla scelta di costruire proprio lì l’inceneritore ed hanno proposto di fare un referendum sono stati subito zittiti ed accusati di fare demagogia populistica ed egoistica oltre che dal padrone del maso anche dal leader dei rospi verdi locali, che normalmente strepita ed appoggia le rivendicazioni di protesta degli altri animali delle stalle di periferia.
Ogni tanto il sindaco della stalla grande va dal padrone del maso per perorare la causa del suo recinto, e per farsi ascoltare ed evitare la fila delle sei del mattino porta con sé come Renzo anche quattro capponi, dei galli opportunamente castrati per meglio raggiungere i risultati di peso ambiti, i quali, invece di solidarizzare tra loro o compatirsi per l’imminente certa fine loro predestinata, si beccano tra loro aggiungendo dolore a dolore. Perché, essendo animali, non hanno coscienza storica e non traggono insegnamenti dalle generazioni precedenti, vivendo solamente l’esperienza presente, di istinti e fiuto di animale politico.
Perché, come diceva Orwell, “Tutti gli animali sono uguali, ma qualcuno è più uguale (e animale) degli altri!”

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