«Tenete a casa l’autista pedofilo»

Le richieste che arrivano dalle madri e dalla politica. E la procura cerca un modo per tutelare i minori


di Antonella Mattioli


BOLZANO. A Palazzo di giustizia bocche cucite, trapela soltanto che si sta “lavorando per tutelare i minori”. Ciò significa che dopo l’indignazione generale provocata dalla notizia - rimbalzata anche a livello nazionale - dell’autista, condannato con rito abbreviato a tre anni e quattro mesi per atti di pedofilia e tornato a guidare lo scuolabus, in Procura si sta cercando il modo di intervenire, per evitare che l’uomo, 50 anni, possa continuare ad avere contatti con le ragazzine.

Il pedofilo gestisce una ditta di trasporto persone che lavora anche con la Sad in subconcessione, ma il presidente della società Mariano Vettori, pur dicendosi molto preoccupato, sostiene di avere le mani legate: «Non possiamo - ha spiegato - rescindere il contratto, perché ci esporremmo ad una richiesta di risarcimento danni. A rendere ancora più delicata la situazione c’è il fatto che siamo difronte ad una condanna che non è ancora definitiva e comunque la sentenza di primo grado prevede a carico della persona in questione solo l’obbligo della firma. Non c’è nulla però che gli impedisca di svolgere un pubblico servizio».

Ma le mamme delle tre ragazzine vittime delle attenzioni morbose dell’uomo non si danno pace: «Vista la gravità della situazione, sulla legge deve prevalere il buonsenso: non gli si può permettere di continuare a guidare uno scuolabus, ovvero di avere continui contatti con ragazzine. È troppo rischioso».

Era sull’autobus che sfruttando il suo ruolo, l’uomo era venuto in contatto con le minorenni: dalle quattro battute scambiate nel tragitto da casa a scuola e viceversa, era nata una certa confidenza. E lui ne aveva subito approfittato mandando migliaia di messaggini, di giorno e di notte, ad una di loro che nel 2015 aveva 13 anni, fino ad arrivare ad allegare foto delle parti intime; con un’altra - sempre secondo l’accusa - era andato oltre, arrivando a toccarla nelle parti intime.

Ad accusare l’uomo c’è anche una terza ragazza oggi maggiorenne che, nel 2008, quando era ancora minorenne è stata costretta ad assistere ad atti di autoerotismo, ma aveva taciuto.

L’avvocato Andrea Gnecchi, che difende l’autista, ha già annunciato che appena verranno depositate le motivazione della sentenza di condanna, farà ricorso.

«Sappiamo che i tempi della giustizia italiana sono lunghi - dice Caterina Foti, consigliere di circoscrizione ad Europa-Novacella - per questo come CasaPound chiediamo che venga sospeso dal servizio a tutela dei nostri figli. Chiediamo inoltre all'ente appaltatore del servizio, come mai non abbia richiesto il certificato penale per escludere condanne per pedofilia, come stabilisce il decreto legislativo numero 39 del 4 marzo 2014. La legge prevede infatti l’obbligo, per i soggetti che intendano impiegare al lavoro una persona per lo svolgimento di attività che comportino un contatto diretto e regolare con minori, di richiedere la consegna del certificato penale del casellario giudiziale».













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