Terrorismo: Bologna, arrestati due anarchici bolzanini

Un giovane di Bressanone e un altro del capoluogo coinvolti nelle attività del circolo "Fuoriluogo". Indagini e perquisizioni in tutta Italia, il reato è associazione per delinquere finalizzata all'eversione



ROMA. Ci sono anche due bolzanini _ Martino Trevisan, 25, di Bressanone e Roberto Ferro, 25, di Bolzano _ tra gli arrestati in un'operazione anti-terrorismo condotta dalla Digos di Bologna su tutto il territorio nazionale, con pequisizioni anche a Trento. La polizia ha eseguito una sessantina di perquisizioni nei confronti di presunti anarco-insurrezionalisti, con sei arresti e otto obblighi di dimora.

I provvedimenti sono stati disposti dalla procura di Bologna nell'ambito di un'inchiesta svolta dalla Digos bolognese e dalla Direzione Centrale della polizia di prevenzione (Ucigos). Oltre 300 gli uomini della Polizia di Stato impiegati nell'operazione in atto nei confronti di militanti anarco-insurrezionalisti.

Ne da comunicazione il Direttore Centrale dell'Ucigos, Prefetto Stefano Berrettoni. I provvedimenti vengono eseguiti, oltre che a Bologna, anche nelle città di Ferrara, Modena, Roma, Padova, Trento, Reggio Calabria, Ancona, Torino, Lecce, Napoli, Trieste, Genova, Teramo, Forlì, Ravenna e Milano.

Gli indagati sono accusati di appartenere ad una associazione per delinquere aggravata dalla finalità eversiva, diretta al compimento di azioni delittuose di natura violenta contro persone e cose, realizzate a Bologna.

Nell'operazione nei confronti di attivisti anarco-insurrezionalisti frequentatori del circolo bolognese 'Fuoriluogo' la Digos di Bologna, coordinata dalla Direzione centrale della polizia di prevenzione, ha eseguito 12 misure cautelari del Gip di Bologna.

E' stato inoltre eseguito il provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica su indagini Digos nei confronti di un esponente anarchico in relazione all'attentato perpetrato ai danni della sede Eni di Bologna il 29 marzo scorso con l'utilizzo di quattro ordigni esplosivo/incendiari. Il fermato è un 24enne ferrarese, Francesco Magnani.

Sono sei gli anarco-insurrezionalisti finiti in carcere nell'operazione condotta da Ucigos, Procura e Digos di Bologna. Per altri cinque è scattato l'obbligo di dimora nelle località di residenza e per altri tre ancora il divieto di dimora a Bologna. In totale gli indagati sono 27. L'accusa ipotizzata è quella dell'associazione per delinquere finalizzata all'eversione dell'ordine democratico (articolo 1 legge 15 del 1980).

Su ordinanza di custodia cautelare richiesta dal Pm Morena Plazzi e firmati dal Gip Andrea Scarpa sono stati arrestati: Stefania Carolei, 55 anni, bolognese; Nicusor Roman, 31, romeno abitante a Bologna; Anna Maria Pistolesi, 36, bolognese; Martino Trevisan, 25, di Bressanone (Bolzano); Roberti Ferro, 25, di Bolzano. Per l'accusa avrebbero promosso, organizzato e diretto una organizzazione che si ritrovava al centro ''Fuoriluogo'' (i cui locali sono sotto sequestro penale) di Bologna finalizzata al compimento di violenze, lesioni, danneggiamenti, manifestazioni non organizzate.

Uno stillicidio di episodi che parte dal 2006 con la nascita del Fuoriluogo. C'è poi un fermato perché sospettato di essere l'autore dell'attentato (tre ordigni incendiari) del 29 marzo scorso alla sede Eni. Si tratta del ferrarese Francesco Magnani, 23 anni. Il fermo nei suoi confronti, deciso dal Pm Luca Tampieri, che si occupa dello specifico episodio, è per l'ipotesi di atto di terrorismo in concorso con altre persone da identificate e detenzione e porto di materiale esplodente.

A suo carico c'è soprattutto l'intercettazione di una telefonata fatta dall'ufficio del padre con una delle destinatarie dei provvedimenti di obbligo di dimora in cui - da quanto è emerso - cercava di spiegare, parlando un po' in codice, la sua intenzione di fare l'azione contro l'Eni ('una festa, più grossa del previsto). Ma l'interlocutrice non capiva e così si è lasciato andare facendo riferimento ad un attentato incendiario avvenuto in passato ai danni dell'Unicredit e a quanto stava succedendo in Libia. Questo è avvenuto malgrado avessero fatto del sospetto una regola di vita, e per parlare tra di loro cercavano sempre posti appartati.













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