Tra le vittime Raphael architetto altoatesino

Hilz, 28 anni, era al ristorante con due colleghi quando è stato ucciso Il ricordo dello zio di Lauregno: «Da sei mesi lavorava da Renzo Piano»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Quest’estate Raphael non è venuto in vacanza a Lauregno, perché troppo impegnato nel nuovo lavoro: lo avevano preso a Parigi, nientemeno che nello studio del famoso architetto Renzo Piano, per un progetto. Era entusiasta, anzi di più». Artur Ungerer, una delle 346 anime di Lauregno, il paesino altoatesino al confine con l’Alta Valle di Non, ha saputo sabato sera che tra le 129 vittime degli attacchi terroristici di venerdì a Parigi, c’è anche quel nipote di cui era tanto orgoglioso.

Raphael Hilz aveva 28 anni ed era laureato in architettura; abitava con la famiglia a Garmisch: i genitori, la sorella Sarah, che lavora in un Centro per bambini difficili, e il fratello Johannes, studente di Medicina. La madre, infermiera originaria di Lauregno, si era trasferita tanti anni fa nel centro sui monti della Baviera, dove ha conosciuto e sposato Bruno Hilz, medico.

Ma la famiglia ha mantenuto sempre forti legami con i parenti che vivono in Alto Adige; i genitori e i figli vengono un paio di volte all’anno in vacanza da queste parti.

Raphael era innamorato del suo lavoro e sognava di fare grandi cose, per questo conclusa un’esperienza a Lipsia, sei mesi fa aveva colto al volo l’opportunità di andare a Parigi, nello studio di un architetto di fama internazionale com’è appunto Renzo Piano.

Venerdì sera il giovane professionista era uscito con due colleghi. L’idea era di mangiare assieme qualcosa, fare due chiacchiere in vista di un weekend finalmente all’insegna del relax dopo una settimana di lavoro intenso. Hilz e i colleghi, Gerardo, messicano, e Marie, erano tranquillamente seduti in un ristorante del quartiere di République, non lontano dallo studio, quando alle 21.25 gli attentatori hanno cominciato a sparare raffiche dei kalashnikov.

Neppure il tempo di rendersi conto di quello che stava accadendo e si è scatenato l’inferno.

«Mia sorella - racconta Artur - mi ha detto che Raphael purtroppo è stato centrato alla schiena, per lui non c’è stato nulla da fare».

La notizia degli attacchi, condotti in simultanea da tre commando dell’Isis nel cuore della capitale francese, ha fatto immediatamente il giro del mondo. Rosa e Artur Hilz dalla loro casa di Garmish hanno seguito in televisione l’evolversi dei drammatici eventi, quindi si sono attaccati al telefono.

Hanno cercato disperatamente di mettersi in contatto con Raphael, ma il cellulare suonava a vuoto.

La famiglia si è trovata all’improvviso catapultata in un incubo. Da una parte le immagini di morte in diretta da Parigi che, unite al silenzio del telefono, facevano temere il peggio, dall’altra la speranza che il giovane fosse ferito, magari anche in maniera grave, ma vivo.

La stessa illusione con cui hanno vissuto per un giorno intero i familiari della veneziana Valeria Solesin, 28 anni come Raphael, e come lui piena di progetti per il futuro (lavorava come borsista alla Sorbona): la giovane è stata ammazzata all’interno del teatro Bataclan dove era andata con il fidanzato Andrea Ravagnani di Dro per il concerto del gruppo rock “Eagles of Death Metal”.

«Nel pomeriggio di sabato mia sorella ha saputo che Raphael era nell’elenco delle vittime e il mondo le è crollato addosso».

Il giovane è morto sul colpo, ucciso dalla follia criminale da terroristi islamici suoi coetanei. Sulla pagina facebook Renzo Piano Building Workshop di Parigi i colleghi hanno scritto: «Siamo molto tristi nell’annunciare la perdita di uno dei nostri colleghi negli attacchi di venerdì sera a Parigi. Altri due sono stati feriti, ma sono in condizioni stabili. I nostri pensieri vanno alle famiglie e agli amici e a tutti coloro che sono stati colpiti da questi eventi terribili».

I genitori e i fratelli sono partiti immediatamente per Parigi. C’è da effettuare il riconoscimento e da sbrigare tutte le pratiche burocratiche per riportare a casa quel figlio che fin da ragazzo aveva viaggiato il mondo.

«Voleva vedere e conoscere altre realtà - racconta lo zio: era stato in Australia e in Africa. E quando, due volte all’anno, tornava a Lauregno ci raccontava di quello che aveva visto e aveva fatto. Ero un entusiasta con tante idee in testa e l’ambizione di fare cose grandi, tipica dei giovani ».

Artur e il nipote condividevano la passione per il calcio: «Era fortissimo e aveva militato anche in squadre di un certo livello. Poi aveva dovuto scegliere: o il pallone o lo studio. Aveva optato per il secondo, ma quando tornava qui si faceva ancora qualche partitella».

Gli amici hanno aperto una pagina facebook per ricordarlo: c’è la torre Eiffel illuminata e c’è una foto di Raphael al lavoro, probabilmente impegnato in qualche missione di volontariato in Africa.













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