Tradire la moglie è lecito se lei non vuole avere figli
Per la Cassazione le “corna” non sono motivo di addebito in una separazione se i rapporti tra coniugi sono ormai compromessi per divergenze sulla prole
BOLZANO. Tradire il coniuge con un rapporto clandestino non sempre può essere addebitato come colpa in caso di separazione legale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (sezione civile) che ha definitivamente respinto il ricorso di una donna bolzanina di mezza età che aveva scoperto la tresca extraconiugale del marito con cui i rapporti erano tesi e compromessi da tempo.
La signora , pur ammettendo il periodo di crisi con il marito, aveva sostenuto di aver subìto un duro contraccolpo psicologico per aver scoperto che il marito la tradiva. Aveva così deciso di rivolgersi ad un avvocato per avviare la causa di separazione chiedendo al coniuge non solo l’assegno di mantenimento ma anche un adeguato risarcimento per i danni di carattere psicologico patiti.
Il conto presentato al marito (destinato a diventare ex) era stato - per la voce risarcitoria - di 50 mila euro. In primo grado il tribunale di Bolzano (nel 2007) aveva accolto le richieste della donna ma in appello (un anno dopo) la sentenza era stata ribaltata.
Ora la Cassazione ha posto la parola fine alla disputa legale fissando in sentenza alcune massime destinate a far discutere. In sostanza i giudici hanno stabilito che «l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà, da solo, non può giustificare addebito qualora una tale condotta sia successiva al verificarsi di una accertata situazione di intollerabilità della convivenza, sì da costituire non la causa di detta intolleranza ma una sua conseguenza».
Dunque il primo principio fissato in sentenza è che se tra coniugi si vive una situazione permanente di profonda crisi e di accertata insofferenza alla convivenza, la decisione di uno dei due di trovarsi un’amante (con o senza apostrofo) non può essere causa della separazione ma solo conseguenza della crisi di coppia in atto. Nel caso riguardante la coppia bolzanina, l’uomo si era tra il resto difeso sostenendo che uno dei motivi della grave crisi in cui era precipitato il matrimonio era per l’appunto la decisione della coniuge di non volere figli, una decisione in grado di sconvolgere i progetti di una vita. Il marito (che si è difeso affidandosi all’avvocato Domenico Pontecorvo) è riuscito nel corso del procedimento a dimostrare che fu proprio la decisione sulla prole a far precipitare la situazione. L’uomo è riuscito a dimostrare di aver imbastito la relazione adulterina solo nel 2003 e cioè dopo che la moglie in una telefonata aveva confidato alla sorella di non volere figli dal marito. Un atteggiamento sostanzialmente contrario «ai doveri matrimoniali» nonchè spia di una «grave situazione di crisi di coppia» al punto da non poter considerare addebito la reazione dell’uomo che si rifugiò in una relazione adulterina con la propria segretaria. Nessuna colpa - hanno stabilito dunque i giudici di Cassazione - può essere addebitata all’uomo e, di conseguenza la richiesta risarcitoria per danno morale e psicologico avanzata dalla moglie è stata definitivamente respinta. Profonda soddisfazione per una sentenza destinata a fare stato è stata espressa dall’avvocato Pontecorvo che ora avvierà l’iter per il pronunciamento del definitivo divorzio,
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