«Tranquilli, non voglio fare il governatore»

Michl Ebner: chi proviene da un gruppo editoriale non può ambire a quel ruolo


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Michl Ebner è appena diventato presidente della Federazione delle associazioni europee della caccia (Face). È stato eletto la scorsa settimana a Bruxelles, città a lungo frequentata. L’amministratore delegato del gruppo Athesia, presidente della Camera di commercio, ex deputato ed europarlamentare, della Svp assicura che non ambisce ad altre presidenze, ad esempio Palazzo Widmann.

«So che non posso diventare Landeshauptmann», sorride Ebner .

Abbiamo incontrato Michel Ebner per proseguire il nostro viaggio sul potere in Alto Adige. Tappa obbligata, la famiglia Ebner, titolare del colosso locale dell’editoria, con interessi sempre più diversificati e impegnata in politica.

Proviamo a raccontare il potere .

«Mah, in fin dei conti il potere è una cosa di cui si parla molto e che è suddiviso tra tante persone. Per fortuna non abbiamo piú una dittatura o una oligarchia, tipo quella russa, ma una suddivisione di poteri tra istituzioni, e per questo credo che si tratti piú una chimera, che una vera realtà, il potere. E poi qui siamo così piccoli, eventualmente si potrebbe parlare di scontro tra pigmei».

Cosa significa per lei essere un Ebner?

«E' una questione di grande responsabilità, oltre che una fortuna, essere nati in una famiglia strutturata, con una propria storia, con tutti i pregi e i difetti che gli uomini hanno. È anche un peso, perché cercare di essere all'altezza dei padri, delle madri e dei predecessori comporta un continuo confrontarsi con le realtà passate, con ciò che gli antenati hanno fatto, e hanno fatto bene, cercando di portarle avanti, sia per quanto riguarda la famiglia, che la azienda».

Accanto alle opportunità che regala, c'è anche una solitudine del potere?

«Senza dubbio. L'approccio delle persone verso di te non è quello normale, spensierato, ma spesso si ha l'impressione che sia un approccio...»

Interessato?

«Sì, proprio per questo ci si muove con le pinze, per non incorrere troppo spesso in errore».

Chi fa parte della sua cerchia ristretta? Ha avuto dei maestri, con chi si consiglia?

«Ho avuto parecchi maestri. Ci sono state per lungo, lungo tempo persone, più grandi di me, che per ragioni di carattere geografico o per altri motivi erano disinteressate, estranee agli ambienti di lavoro, con cui potevo confrontarmi sul mio operato, su quello che ho fatto, non ho fatto, su come mi sono comportato, cosa avrei potuto migliorare. Provo molta gratitudine verso queste persone, che mi hanno accompagnato e che ora purtroppo non ci sono più».

In questi mesi abbiamo assistito a una escalation nello scontro tra poteri, con protagonista anche lei e il gruppo Athesia. Clamoroso il braccio di ferro con la Provincia e il presidente Kompatscher sulla proprietà di Brennercom. Esplicita la sua polemica con il senatore Zeller, accusato di lavorare a Roma per penalizzarvi nelle pieghe della nuova legge sulla editoria. Un tempo queste battaglie dei piani alti della politica e della economia si svolgevano a porte chiuse. È interessante questa dimensione pubblica del conflitto.

«Non lo definirei uno scontro tra poteri. Ci sono alcuni che hanno cercato di dire che si tratti di questo, ma lo hanno inventato. Tra noi e la Provincia ci sono diversità di vedute su un percorso giuridico in Brennercom, che noi riteniamo legittimo, mentre la Provincia no. Che si siano intromessi altri è per me poco comprensibile. Con metodi poi e atti, che considero molto discutibili. Finora non ho partecipato alla polemica, ho cercato di rimanere sul lato tecnico e così continuerò».

Il rapporto con la politica: la sua famiglia è assai influente e lei ha rivestito a lungo il ruolo di parlamentare. Con gli Ebner, colosso mediatico locale, bisogna fare i conti. Eppure, c'è un sentire comune sulle vostre ambizioni, come se voleste di più, non potendo.

«La mia decisione di uscire dalla politica attiva è maturata nel 2004. La comunicai a chi di dovere nel 2005 e sono stato lineare, uscendo nel 2009 dal parlamento europeo. Nel luglio del 2009 ho rimesso tutte le mie funzioni nella Svp, concludendo un ciclo importantissimo della mia vita».

Importantissimo?

«Sì, per me la politica era importantissima. Tornano in continuazioni discorsi sul fatto che Michl Ebner ambisca a diventare presidente della giunta, che non abbia mai desistito da questo tentativo. Ma in una provincia piccola come la nostra, essere nato in una famiglia di un certo tipo, essere attivo in una impresa editoriale, comporta di non poter diventare presidente della giunta. Anche se ci riuscissi, e se vendessi le mie azioni, nel gruppo resterebbero i miei familiari, dalla madre, ai fratelli e la sorella, figli e nipoti, come azionisti o collaboratori. In qualsiasi modo i media della Athesia si comportassero, ci sarebbe sempre chi, in sede concorrenziale, politica o mediatica, direbbe dalla mattina alla sera che l'Athesia scrive così per quel motivo o quell'altro...Si mettano l'animo in pace. Non ho mai voluto diventare presidente della giunta».

No davvero?

«Sono una persona abbastanza intelligente... Il mio Qi fino a lì arriva, a non farmi rovinare completamente la mia qualità di vita. E per dirla francamente, esistono altri impegni che danno soddisfazione, oltre a fare il Landeshauptmann. È un tema che per me non esiste».

Il tema del conflitto di interessi vi riguarda ugualmente per la compresenza nel vostro gruppo di media e altre attività. Come editori potete esercitare pressioni per agevolare operazioni in altri ambiti.

«Questo conflitto lo hanno tutti i media, anche gli editori cosiddetti "puri", che hanno necessità di acquisire pubblicità e di vendere. È un conflitto intrinseco, di cui non si può parlare solo a proposito della famiglia Ebner. Io intanto sono uscito dalla politica».

Da diversi anni avete intrapreso una politica di differenziazione dei vostri interessi. Dopo la casa editrice, telecomunicazioni, turismo ed energia. Quale è stato il filo?

«L'Athesia, nata nel 1888 come società editoriale, ha proseguito fino agli anni Ottanta come editori puri. Quando ho capito che sarebbe arrivata una crisi strutturale, ho cercato di diversificare. Siamo entrati nel turismo. Abbiamo verificato che si tratta di un settore interessante e abbiamo provato ad allargare le attività. Altri editori dichiarano di avere diversificato, impegnandosi nella radio, nella televisione, nei portali web. Ma questo non significa diversificare, bensì veicolare le informazioni con un vettore diverso. Noi invece abbiamo pensato che fosse necessario uscire completamente dal settore, per garantirci stabilità. Dopo un brainstorming di oltre un anno abbiamo deciso che le energie rinnovabili fossero un settore promettente su cui puntare. E infine, le telecomunicazioni. Brennercom nasce dall'eredità della D-net, società dell’Athesia e di Alfredo Guariello. Per noi rappresenta un ritorno a una scelta fatta quasi venti anni fa».

Il suo giudizio sulla giunta Kompatscher?

«Da elettore e imprenditore constato che hanno in cantiere una serie di progetti, alcuni in fase di realizzazione, altri in discussione. Non sono uno che ama le formule dei "cento giorni" o dei primi sei mesi, le trovo semplificatorie, costrette nel concetto del "tutto e subito". Per vedere certi risultati, serve tempo. La giunta opera da un anno e mezzo, che non è molto. Considerati i tempi degli iter decisionali, i risultati li vedremo tra un anno o due. Una cosa è certa, lavorano e si impegnano».

Apertura di credito.

«Sì, apertura di credito».

Epico lo scontro sul progetto Benko sulle pagine del Dolomiten: articoli contrari, seguiti da pagine di precisazioni e smentite da parte dei proponenti.

«Questa domanda dovreste porla a mio fratello Toni, dirige lui il Dolomiten... ».

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