Travolto dalla slavina Muore a 31 anni

Dramma sul Piz Boè. Luca Valentin, di Colfosco, sotto la neve per due ore Feriti i tre amici, tutti badioti, che stavano scendendo a quota 3 mila metri


di Alan Conti


CORVARA IN BADIA. La chiamano “neve ventata” e sembra quasi un elemento delle favole, ma è quanto di più spietato e pericoloso si possa incontrare in questi giorni in montagna. Lastroni compatti tra loro, ma non omogenei con il resto della neve, pronti a scivolare con violenza al minimo soffio. Travolgono tutto quello che incontrano senza pietà. È stato uno di questi frontoni, 200 metri d’ampiezza, a spezzare la vita di Luca Valentin, 31enne di Colfosco, rimasto sepolto per due ore sotto la neve di una valanga staccatasi dal Piz Boè.

È poco dopo Mezzogiorno quando quattro alpinisti, tutti badioti, si apprestano a scendere dal Piz Boè dopo aver fatto visita al Lago Gelato: classica gita domenicale nel cortile di casa per chi è cresciuto a pane e roccia. Sul versante che guarda verso Corvara di una punta che taglia il cielo come un trifoglio tra le province di Bolzano, Trento e Belluno si stacca una grande slavina. I giovani scialpinisti sono distanti da qualsiasi pista, saliti fino a quel punto con le pelli. Si trovano esattamente sulla traiettoria della valanga che trascina tutto via. Due di loro hanno la fortuna di essere colpiti solo di striscio: Luca e un amico, invece, sono sovrastati dal manto di neve. I ragazzi sfuggiti alla furia della valanga chiamano immediatamente i soccorsi e cominciano a fronteggiare i primi segnali dell’ipotermia. L’allarme arriva alla centrale di emergenza alle 13.10. Non si tratta affatto di sprovveduti e sono anche ben attrezzati: tutti, per dire, sono dotati del sistema Arva per il rilevamento delle vittime. Salva la vita, di solito, ma non quando il vento decide di soffiare diabolico.

Sono proprio le raffiche, infatti, a mettere in difficoltà le operazioni di soccorso dell’elicottero dell’Aiut Alpin e del Pelikan 2. «Tremendo - racconta, scosso, il vice capo stazione del soccorso alpino dell’Alta Badia Sebastian Oberbacher - tanto da rendere impossibile l’atterraggio direttamente ai tremila metri di quota dell’incidente». Qui i piloti realizzano un piccolo miracolo. «Invece di costringerci a salire a piedi sono riusciti a lasciare quattro di noi a qualche centinaio di metri dal punto della slavina. Così siamo saliti e abbiamo cominciato a scavare». Il Piz Boè è alto 3.152 metri: l’intervento, quindi, viene fatto praticamente in cima alla montagna.

Il quadro che si mostra ai soccorritori è subito preoccupante: i due giovani illesi sono ormai in stato di ipotermia con diversi graffi. Gli altri due ancora sotto la neve. Il primo, un 48enne, viene estratto con una frattura al femore, ma per Valentin non c’è più nulla da fare. Restare due ore sotto oltre due metri di neve è stato purtroppo fatale.

I feriti, comunque, sono stati immediatamente stati trasportati al pronto soccorso di Brunico per le cure e gli accertamenti del caso. Il corpo della vittima, invece, è stato trasferito nella camera mortuaria di Corvara. Coinvolti complessivamente nell’intervento, oltre al soccorso alpino e gli elicotteri, anche la sezione locale della Croce bianca e l’assistenza spirituale. Di tutti i rilievi di legge per capire esattamente la dinamica si occupano i carabinieri della stazione di Brunico che analizzeranno anche le foto scattate al momento dell’arrivo sul punto della slavina. A coordinare parte degli interventi anche gli uomini del soccorso alpino di Corvara guidati dal capo stazione Willy Costamoling. Un’operazione particolarmente difficile, dal punto di vista umano per molti dei soccorritori che conoscevano personalmente Valentin e tutti i partecipanti della spedizione. Tutto, inoltre, complicato dal vento sempre insistente che ha reso difficoltoso pure il trasporto dei feriti verso il capoluogo della Pusteria.

Solo martedì scorso, comunque, una valanga di grandi dimensioni sulla Cima della Neve in Valle Aurina aveva spezzato la vita dell’alpinista 57enne di Brunico Hartmann Stifter. Un episodio del tutto particolare che ha visto il distacco di ben otto valanghe collegate tra loro verso una spedizione di trenta scialpinisti: il bilancio poteva essere anche più pesante.

Nei giorni scorsi, inoltre, il responsabile del servizio prevenzione valanghe dell’ufficio idrografico della Provincia Fabio Gheser aveva messo in guardia su una situazione particolarmente preoccupante: «In questo momento alcune montagne sono un campo minato perchè i fiocchi di neve trasportati dal vento sono irregolari e non si agganciano in modo perfetto a quelli già presenti sul poco manto a terra. Bisogna non fidarsi, anche dei posti che si pensa di conoscere molto bene». “Neve ventata”: spietata anche con gli amici.

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