Tubercolosi, controlli su 700 lavoratori

Profilassi in 2 aziende. Alla Würth si ammala un magazziniere: test su 60 persone


Valeria Frangipane


BOLZANO. Due lavoratori di due aziende hanno contratto la tubercolosi. Paolo Pretto, direttore del Servizio pneumologico è chiaro: «Nessun allarmismo ma stiamo controllando 700 persone che potrebbero essere state contagiate». Alla Würth si è ammalato un magazziniere rumeno. Insomma dopo il caso di pochi giorni fa che ha visto un dipendente della Röchling di Laives ammalarsi di tubercolosi, adesso altre due aziende altoatesine finiscono per essere osservate speciali.

Pretto - direttore del Servizio pneumologico preposto al controllo della tbc in tutto l'Alto Adige - non conferma il contagio alla Würth ma i bene informati fanno sapere come al momento siano già stati sottoposti al test sessanta dipendenti, sedici dei quali risultati positivi. Dato che se da una parte serve a tenere alta l'attenzione dall'altra non deve creare allarmismo perché le statistiche indicano chiaramente come più del 90% delle persone che hanno contratto l'infezione tubercolare non svilupperanno mai la malattia. I bacilli possono - infatti - restare latenti nel corpo per un lungo o lunghissimo periodo, finché un indebolimento della resistenza immunitaria dell'organismo fornisca loro l'opportunità di moltiplicarsi e provocare le manifestazioni tipiche della tbc.

Pretto spiega che i controlli saranno lunghi ed andranno avanti anche nelle prossime settimane e precisa che basterebbe che a livello nazionale il legislatore si desse una mossa per evitare il ripetersi di casi del genere. «Ogni anno si contano in tutto l'Alto Adige 50 nuovi casi di tubercolosi. Non ho in mano gli ultimi dati ma anche il 2011 non ha fatto registrare variazioni importanti. Quel che è cambiato però, negli ultimi dieci anni, è la tipologia di popolazione che si è ammalata». Dottore, si può spiegare meglio?

«Per essere più chiaro posso dire che fino al 2000 il bacillo di Koch colpiva per un terzo gli immigrati e per due terzi la popolazione autoctona, questione che dal 2010 si è capovolta. Oggi, infatti, i nuovi ammalati di tubercolosi sono per due terzi stranieri e per un terzo altoatesini». Ma quali sono i rischi reali di contrarre la tbc al giorno d'oggi. «Il rischio resta basso ma esiste. Le grandi aree urbane - spiega Pretto - sono le più interessate e sono più a rischio quegli immigrati che arrivano dall'Africa, dall'Asia, ma anche dalla Russia e dalla Romania, che hanno pochi contatti con il servizio sanitario».

L'incubazione può essere molto lunga, perché i sintomi della tbc non sono così evidenti. La malattia si manifesta - infatti - con febbre, tosse, ma non necessariamente gravi. «Posso dire che se un soggetto che arriva da una delle zone a rischio dove la tubercolosi è endemica venisse sottoposto a visita medica obbligatoria quando entra nel nostro Paese o quando va a lavorare in una qualsiasi azienda rischierebbe meno lui - perché si farebbe curare subito - e farebbe rischiare meno le persone che gli stanno attorno di essere contagiate.

Il vuoto legislativo però esiste e mi sembra che al momento non ci sia soluzione in vista. Peccato perché se così invece fosse ad una diagnosi precoce potrebbe corrispondere una cura altrettanto precoce». Il medico conclude precisando come non vada controllato solo l'ambiente di lavoro ma sottoposta a screening tutta la famiglia e le conoscenze più strette del malato, come da protocolli internazionali.

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