Val Isarco, depuratore più grande per gestire le acque di scarico

Quelle reflue aumentano con il crescere della popolazione e la Comunità sta valutando l’ampliamento della struttura


di Fabio De Villa


VAL D’ISARCO. Le acque reflue aumentano anno dopo anno e nella strutture di gestione di Bressanone siamo arrivati al limite. È uno dei dati più significanti emersi nella presentazione del bilancio di previsione della Comunità comprensoriale della valle d'Isarco. L'aumento delle acque reflue è da attribuirsi anche all'aumento della popolazione in valle. A spiegare nel dettaglio la situazione è il responsabile della gestione della acque reflue del comprensorio Valle d'Isarco Ronald Amort: “Stiamo facendo uno studio di fattibilità per guardare come e quando ampliare la struttura esistente. Bisogna essere lungimiranti e guardare avanti almeno 25-30 anni per capire come sarà il trend di aumento in futuro. Nella parte sud della zona industriale, dove si trova il depuratore di Bressanone, abbiamo individuato un appezzamento che potrebbe fungere da zona di ampliamento, ma ci servirebbe anche una zona nella parte nord. Attualmente abbiamo una capacità di depurazione equivalente a 65 mila abitanti, ma siamo già oltre questo limite. Il progetto di ampliamento ci consentirebbe di arrivare fino ad una capacità di gestione equivalente a 90 mila abitanti, da ottenere entro 10 anni. L'elaborazione del progetto è in corso, ma dell’ampliamento effettivo si parlerà solo fra 6 o 7 anni. Non più tardi però, perché rischiamo di far saltare tutte le nostre previsioni. Nel 2018 invece - continua Amort - sono previsti piccoli ritocchi all'interno dell'impianti per le operazioni di manutenzione ordinaria”.

Tempo di lifting anche per la struttura delle acque reflue della Bassa Valle Isarco fra Chiusa e Ponte Gardena: “A causa della conformazione del depuratore, c’era spesso il problema di mantenere il tasso legale di immissione dell’azoto - sottolinea Amort - Di conseguenza abbiamo dovuto inserire un filtro apposito per abbattere questi valori e rientrare nella norma come da direttiva specifica dell'Ufficio acque provinciali. Questo però è una soluzione che implica l'utilizzo notevole di un substrato a base di carbonio, che bisogna inserire per abbattere l'azoto e ha un costo molto elevato. La costruzione in questione è stata parzialmente ampliata con la realizzazione di un biofiltro i cui costi sono stati suddivisi in tre anni per un totale di 5 milioni. I lavori stanno andando avanti da due anni e sono agli sgoccioli. Pensiamo infatti di finire entro il 2017”.

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