Vestiti per 300 poveri al mese

Alla San Vincenzo De Paoli si distribuiscono abiti 3 volte a settimana: la maggior parte sono stranieri


di Alessandro Bandinelli


BOLZANO. Via Renon ore 13.00, alla Società San Vincenzo De Paoli la fila già arriva all’incrocio con via Brennero. Ogni lunedì, mercoledì e venerdì dalle 14,30 alle 17,30, nella sede della’associazione caritativa si procede con la distribuzione dei vestiti ai bisognosi.

Christine Sartori è volontaria qui da diversi anni: «Prima venivano tante persone anche residenti, ma nell'ultimo anno il flusso dei profughi si è via via ingrandito e si è sostituito a tutti gli altri, tanto che ogni settimana siamo costretti a mandare via le persone. Il centro è aperto due volte a settimana per gli uomini e una volta per le donne. In totale ogni settimana diamo da vestire a 60 uomini e 20 donne per una media di 300 persone al mese. A un certo punto abbiamo avuto dei problemi a gestire quest’afflusso - la volontaria indica un cartone messo a copertura di un vetro mancante nella porta a vetri - Avevamo la gente che premeva per entrare, nascevano spesso dei litigi, alla fine abbiamo dovuto coinvolgere del personale di sicurezza».

Antonino Tiberio e Alex Pedoth sono i due agenti della STS Security in servizio qui dall'inizio dell'emergenza a ottobre. «Adesso le cose funzionano molto meglio, ma quando siamo arrivati ci siamo trovati di fronte una situazione molto caotica. Venivano 50-60 persone senza un ordine, volevano entrare tutti insieme. Allora abbiamo cercato di mettere delle regole. Ad esempio molti compilavano delle liste pretendendo che noi le rispettassimo, allora abbiamo messo questo - l’addetto indica un cartello sulla porta d'ingresso con scritto "No List"- Sembra una sciocchezza, ma questo avviso evita tante discussioni. Poi abbiamo spostato l'orario di apertura che prima avveniva di mattina, succedeva che le persone campeggiassero qui sul marciapiede tutta la notte per poter essere i primi l’indomani. Questo creava situazioni di degrado, disagi ai residenti, così abbiamo spostato il servizio di pomeriggio e poi facciamo rispettare la fila. «Chi vuole i vestiti si deve attenere ad aclune regole - spiega la signora Sartori - prima di entrare bisogna esibire i documenti che vengono registrati, se qualcuno non ce li ha lo mandiamo via. Solo i primi trenta hanno accesso, gli altri devono tornare. A quelli che ne hanno diritto forniamo un abbigliamento completo, dalla testa ai piedi: scarpe, calzini, accessori. Chi prende i vestiti può tornare solo dopo tre settimane se si presenta prima risulta dal registro e dobbiamo mandarlo via». La signora Sartori ci fa vedere tre quaderni dove registra i nomi: «Questi li ho riempiti tutti in pochi mesi, vengono da sud, tanti anche quelli che tornano indietro dal nord e che si fermano qui per un po’». Tra i migranti in fila c'è Alì, tunisino, è qui a Bolzano da un mese, prima faceva il muratore nelle Marche, è venuto qui perché non riusciva più a trovare lavoro: «Giù è un disastro, non si trova più lavoro. Ma anche qui è difficile, è da un mese che mangio una volta al giorno, la sera al parco della stazione, e dormo dove capita. I vestiti sono molto importanti perché non avendo una casa li devo portare notte e giorno. Faccio chilometri per cercare un lavoro, sai che vuol dire portare sempre le stesse scarpe? Significa che dopo tre settimane sono da buttare».

Achmed Bolcassem, 36 anni libico, è venuto qui come utente ed è diventato volontario. Mentre cerca di dare ordine alle persone che premono per entrare racconta come si è ritrovato a Bolzano: «Sono venuto in Italia dopo i bombardamenti su Bengasi. Prima ero a Roma, ma non trovavo lavoro, così ho guardato su google - dice - lo giuro, ho guardato qual’era la città più a nord d’Italia nella speranza di trovare un lavoro e adesso sono qui, speriamo bene». Christine Sartori ammette: «Avremmo bisogno di più volontari, qui siamo solo in sei. Spesso quando torno a casa sono sfinita, ma c’è tanta gente che ha bisogno». ©RIPRODUZIONE RISERVATA













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