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Via Milano, dopo «Librarsi» chiudono anche Zago e la sartoria

Si spengono le luci dei negozi. Zago (Ruotalibera) e Scalise (Portico 107): gli affitti dell’Ipes troppo cari. Patrizia Merlante (Prafiorì): «Dopo 36 anni, lascio l’attività commerciale per l’impossibilità di trovare collaboratrici» 


Antonella Mattioli


BOLZANO. La crisi generata dal Covid; la concorrenza sempre più agguerrita del commercio online; gli affitti troppo cari; la difficoltà a trovare collaboratori: le motivazioni sono diverse, ma la decisione finale è la stessa.

In via Milano stanno chiudendo o hanno già chiuso diverse attività storiche. Punto di riferimento per intere generazioni non solo per gli acquisti, ma anche occasione d’incontro per scambiare quattro chiacchiere. Con le luci dei negozi che si spengono - e difficilmente si riaccenderanno - nella strada che taglia il quartiere Don Bosco, in particolare la sera, aumenterà la sensazione di insicurezza.

Sabato chiude “Ruotalibera”

«Moreno, mi aggiusti il freno?»; «Moreno, quando hai un attimo di tempo, daresti un’occhiata alla mia bici?». Moreno Zago, 64 anni, titolare dello storico negozio “Ruotalibera”, per tutti semplicemente il biciclettaio di via Milano (civico 90), è tempestato dalle ultime richieste. Chi ha saputo che sabato chiuderà il negozio, aperto nel 1956 da suo padre Mario - l’attività era stata avviata dal nonno Sante già nel ’49 al civico 37 della stessa via - ne approfitta, perché dopo non sarà facile trovare chi ti aggiusta la bicicletta. Sia Zago che sua moglie Stefania Veronese hanno già il magone all’idea di chiudere con quello che, per una vita, è stato il loro mondo. La scelta non deve essere stata facile, ma alla fine hanno deciso di mollare anche se questo è un periodo d’oro per chi lavora nel settore delle due ruote. «Il nostro però - spiega Zago - è sempre stato un negozio di quartiere: dove si veniva a comprare la bici e a farla aggiustare. Negli ultimi anni è cambiato tutto: la bici tradizionale, oggi ribattezzata “muscolare”, è stata surclassata dalle e-bike. È tutta un’altra realtà e, dopo una vita di lavoro, non ho voglia di rimettermi in gioco. Forse avrei potuto continuare ancora per un po’, visto che mi sento giovane e il contatto con la gente del quartiere mi è sempre piaciuto, ma il costo dell’affitto pesa. Il negozio è dell’Ipes: all’Istituto pago 1.700 euro al mese di canone. Troppi per me. Anche perché il nostro settore, come tutti gli altri per la verità, subisce la concorrenza sempre più forte delle grandi catene e del commercio online».

Nessuno che sia disposto a subentrare, visto il momento particolarmente felice delle bici? «Ho provato, ma non ho trovato nessuno. Sono pochi quelli che oggi hanno voglia di mettersi in proprio. Troppo impegno; troppi rischi».

Collaboratori introvabili

Aperto nel 1987 ha chiuso qualche settimana fa, dopo 36 anni, “Prafiorì”, il negozio di fiori al civico 130 di via Milano. «Il motivo? Non la crisi, non l’affitto, ma l’impossibilità di trovare collaboratrici», spiega la titolare Patrizia Merlante, maestra artigiana fiorista. Una passione ereditata dalla mamma Rina che aveva un negozio in via Resia. Per i fiori, a suo tempo, aveva lasciato il posto sicuro di insegnante, trasformando il lavoro in studio e ricerca artistica.

«Più che dall’aspetto commerciale - racconta - sono sempre stata affascinata dall’idea di usare i fiori per creare allestimenti per negozi, matrimoni, feste, eventi». Per migliorare, trovare nuove idee e ispirazioni, in questi anni ha partecipato a corsi professionali in Italia e all’estero; è diventata maestra fiorista in Svizzera, quando in Italia erano solo in cinque ad avere questa qualifica professionale; ha aperto anche una scuola in Portogallo e tenuto diversi corsi; ha vinto una serie di concorsi. «Un dolore dover metter via le venti coppe conquistate che erano esposte in negozio».

Mentre spesso era in giro per il mondo, in via Milano c’erano le sue collaboratrici: all’inizio tre. E comunque ha sempre potuto contare sulla collaborazione del marito Dario Delvai. «Negli ultimi anni però - spiega - è diventato difficilissimo trovare collaboratrici. Ho cercato anche qualcuno che rilevasse l’attività; non l’ho trovato. Per questo, seppur a malincuore, ho deciso di chiudere il negozio. La passione però è rimasta come la voglia di continuare a creare cose belle che danno gioia quando le guardi. Per questo oggi faccio parte di un gruppo di freelance che - a chiamata - lavora per allestimenti in diverse parti d’Italia».

Chiude l’Atelier Portico 107

A metà dicembre chiude l’ “Atelier Portico 107” di via Milano, proprio difronte al negozio di Moreno Zago. La “creatura” di Rachele Scalise che 10 anni fa era riuscita a realizzare il suo sogno: fare abiti su misura, capi unici pensati per le sue clienti. «Ce l’ho messa tutta ed ero riuscita a crearmi un buon giro, pur in un settore molto di nicchia. Poi, nel 2020, è arrivata la pandemia e sono iniziate le difficoltà. La crisi oggi morde. Ho chiesto all’Ipes - l’Istituto è proprietario del negozio - di poter avere una riduzione dell’affitto che è di 900 euro: mi hanno risposto che non fa parte della loro filosofia».

Il 31 dicembre - come annunciato - chiude anche “Librarsi” aperta 12 anni fa al civico 105 di via Milano. Barbara Roncoletta ha deciso di gettare la spugna. Dopo il Covid le ha provate tutte pur di tenere aperta l’unica libreria del rione; accanto ai libri ha messo in vendita anche i detersivi alla spina. Alla fine si è arresa: impossibile fronteggiare la concorrenza dell’e-commerce; cui si aggiungono il peso dell’ affitto e i costi di gestione.













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