Via Museo, Zara apre tutte le domeniche

L’amministratore delegato del gruppo spagnolo: basta con le logiche proibizioniste. Ieri folla all’inaugurazione


di Davide Pasquali


BOLZANO. È l’89° negozio di abbigliamento del genere aperto dalla multinazionale spagnola Inditex in Italia. Solo tre le inaugurazioni quest’anno. Una mesi fa, a Palermo. Un’altra settimana prossima, a Bari. Stiamo parlando dello store di Zara inaugurato ieri in via Museo, al posto dell’ex Coin, chiuso ormai da quasi trent’anni. Una novità non solo per il capoluogo altoatesino, ma pure a livello nazionale: un negozio basato su un nuovo concetto, elaborato solo all’inizio di quest’anno. Nemmeno i punti vendita di Roma o Milano sono così di tendenza. Il nuovo concept degli interni è stato inaugurato a primavera con un flagship store sulla Fifth Avenue a New York. Quello di Bolzano è esattamente identico, non fosse che si sviluppa più in lungo, mentre lo standard Zara predilige superfici più quadrate. Ma qui ci si è dovuti adeguare all’architettura commerciale storica del centro, coi suoi negozi stretti e profondi.

A raccontare informalmente i particolari è l’amministratore delegato di Inditex Italia, Enrico Drago. Sentite questa: non se ne parla di fotografarlo, non vuole comparire, non rilascia interviste, soprattutto ha solo 35 anni. Fantascienza, in Italia. Come fuori dall’ordinario è tutto, in questo che non è un negozio, ma una rivoluzione, a maggior ragione per Bolzano. Inusuale tutto, in primo luogo come ha aperto: nessuna pubblicità, nessuna inaugurazione. Eppure, tutti in fila già prima dell’apertura delle porte alle 10, e poi centinaia di persone all’interno, per tutto il giorno. Compreso chi non ti aspettavi: il bolzanino in là con gli anni. Mica solo curiosi: guardavano, provavano, compravano.

Qualche dato: tre piani, all’entrata la donna elegante. Oltre, l’abbigliamento basic, quello che non deve mancare. Le casse stanno in fondo, perché prima di andare a pagare devi aver guardato tutto. Luci a led incassate nei binari sul soffitto, pittura “materica” alle pareti, colori pastello; ai lati le collezioni, sui tavoli in mezzo tutto il resto. Non ci sono cartelli: le indicazioni vengono fornite da schermi a led, che ciclano immagini della collezione e indicazioni: al piano -1 c’è il reparto Trf: donne più giovani, metropolitane. Oltre c’è il reparto Kids, non solo bambini, ma pure baby, da 0 a 24 mesi. Al primo piano c’è il reparto uomo. Sta all’entrata perché chi compra di più è la donna, oltre il 50% degli incassi, cui si somma il 25% del reparto Kids, acquistato sempre dalle donne. Insomma, femmine da privilegiare. E i maschi, in castigo al piano di sopra? No, è che gli uomini vogliono stare tranquilli, lontani per un po’ dalla frenesia delle compagne, tanto che nei camerini maschili, e soltanto lì, ci sono pure i divanetti...

L’arredo e gli interni sono stati realizzati su misura da operai spagnoli. Zara dispone infatti di una sua divisione edile. Serve per risparmiare tempo: fra trovare le ditte in loco, spiegare, coordinare, sperare che rispettino la tempistica, si è stimato passerebbe un anno, durante il quale si paga l’affitto ma non ci si guadagna. Così, invece, per aprire bastano due soli mesi.

Uno store di queste dimensioni - che non è un franchising ma è gestito direttamente - vende in media 600-700 capi al giorno. Ogni ora, su basi digitali, viene effettuato il riassortimento: la tal maglia nera, taglia M, sparita dagli scaffali e venduta, viene rimpiazzata. Due volte a settimana, da La Coruña, la base logistica in Spagna, partiranno i Tir per Bolzano: riassortimento di ciò che si è venduto più le novità. Il tutto sotto rigoroso check informatico su ciò che in settimana ha tirato di più: colore, taglio stile, eccetera.

E la domenica? «Ce lo permette il decreto Salva Italia», commenta l’ad Drago. «Fra il resto, in questo periodo difficile per l’economia, così abbiamo potuto mantenere, anzi incrementare il personale». Sa tutto, Drago, della querelle altoatesina, perché legge i giornali. Ma è serafico: «Le logiche proibizioniste hanno fatto il loro tempo. Se voglio, devo poter tenere aperto. Sta agli altri trovare strategie innovative per reagire». Quindi si apre, sempre. E basta.

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