Via Renon, «il deposito Fs va salvato»

Un comitato si oppone alla demolizione del magazzino del 1859 progettato da Negrelli (lo stesso del canale di Suez)


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Il cantiere di via Renon si avvia a luglio. Servirà ad abbattere il muro novecentesco e ad aprire la strada alla costruzione della nuova stazione (provvisoria) dei bus. È il primo dei quattro che attraverseranno Bolzano da qui al 2020. Servirà a liberare gli spazi per i due di via Alto Adige: il "buco" col nuovo palazzo già a settembre e il pru nella vecchia stazione in via Perathoner nel 2018. Gli altri due cantieri, piazza Vittoria e le ex Pascoli, seguiranno a ruota. «Se riusciamo a chiudere i contratti con le ditte appaltatrici ci basta un mese per partire», confermano gli architetti Rossa e Saccani che hanno costruito la cornice progettuale dell'area ormai ex Fs.

Gli ultimi giorni sono serviti a definire e ad inserire nel progetto esecutivo le richieste dell'ufficio mobilità della Provincia sull'entrata e l'uscita dei bus, i parcheggi, le strutture di assistenza e le rotonde stradali di smistamento del traffico a nord e a sud della stazione. Tutto a posto? Dovrebbe. Se non fosse che ieri, come un passeggero che tenta di salire su un treno già in corsa afferrando una maniglia all'ultimo metro della pensilina, è arrivata Wittfrida Mitterer a proporre di salvare il grande capannone dello scalo merci. Il quale, progettato dall'ingegner Luigi Negrelli nel 1859, grande esecutore dei piani della prima mobilità ferroviaria imperialregia (ha progettato anche il canale di Suez), è previsto venga abbattuto per consentire ai mezzi pubblici di muoversi liberamente. «Ho lavorato con gli studenti della facoltà di architettura di Innsbruck - dice invece "Witti" - e siamo dell'idea che la struttura sia una chance, non un ostacolo. Potrebbe convivere con la nuova stazione se solo la si considerasse parte del progetto. Intorno al capannone, i bus potrebbero parcheggiare e muoversi anche sotto le sue volte». Di quelle volte, la pasionaria dell'architettura sudtirolese, fondatrice del Kuratorium Beni tecnici, si è innamorata dalla prima occasione in cui le ha viste. In effetti, sembrano quelle di una cattedrale. Lunghe 170 metri, possono costituire la testimonianza di un sogno preindustriale che si installa in un area ormai postindustriale. Dentro questo sobbalzo protezionistico, Mitterer ha coinvolto il suo Kuratorium ma anche Alois Lageder, Simona Kettmair del Fai, Novello di Italia Nostra, il barone Hohenbuehl del Burgerinsitut e anche Elmar Thaler, comandante territoriale degli Schuetzen. Il quale, evidentemente, deve scontare in questo periodo una fase di non brillantissimi rapporti col suo Landeshauptmann anche su questo fronte (dopo quello dell'inno) , visto che proprio l'altro ieri Kompatscher ha firmato l'accordo definitivo con Rfi che cede l'intera area alla Provincia proprio per costruirvi la nuova stazione dei bus. Pietra tombale sull'idea di Witti? «Mah, non è detto - spiega Gert Staffler, nel "board" del Kuratorium - perché il progetto potrebbe essere riadattato in corsa. E non prevedere grandi costi aggiuntivi. Anzi, dovrebbe restare, come testimonianza storica, anche nella sistemazione definitiva di tutto il terreno prevista dal progetto dell'Areale». È questa un'altra possibile criticità per la proposta di salvataggio dello scalo merci. Uno degli snodi su cui si base tutta l'operazione per la grande opera è infatti dentro questa equazione: il privato paga di tasca sua un'operazione pubblica (lo spostamento dei binari) e poi si rifà delle spese costruendo sull'area urbana liberata. Già sussistono i vincoli elaborati da Caramaschi e Baur (spazi pubblici, coinvolgimento delle ditte locali, percentuale di edilizia convenzionata), la salvaguardia dell'enorme capannone potrebbe a sua volta costituire un freno per gli investitori interessati. «E perché? - si infiamma Wittfrida, che ha presentato ieri un modellino in scala della nuova stazione dei bus col capannone in piedi - Sarebbe un luogo di grande richiamo. Una volta andati via di qui i bus, lo scalo merci potrebbe essere un mercato, uno spazio per esposizioni e spettacoli teatrali. Perché abbattere ora? In futuro tutto potrebbe cambiare...». Insomma, l'operazione ha un suo fascino ma , realisticamente, la proposta potrebbe essere giunta a tempo scaduto? «Non voglio giudicare - commenta Andrea Saccani dello studio che sta progettando oltre la stazione anche il pru benkiano di via Alto Adige - , tutto è possibile. Vedo difficile rispettare i tempi. Ma soprattutto le indicazioni di Provincia e Comune per la mobilità. Col capannone queste richieste troverebbero alcuni ostacoli...». Ma Wittfrida Mitterer va avanti: «Noi ci proviamo. Sono in ritardo di tre mesi? Abbiamo corso e vogliamo coinvolgere ancora più persone».













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