Web: allarme dipendenza

La Siipac mette in guardia dall’abuso di internet con smartphone e tablet


di Alan Conti


BOLZANO. Internet è come un coltello: ci puoi tagliare la carne di manzo o quella di un essere umano. Non è lui, di per sé, ad essere buono o cattivo bensì il suo utilizzo. Un’impostazione che si sente spesso, ma che talvolta è necessario ripetere e modulare. Su questo piano si è mossa la conferenza tenuta l’altra sera alla Lub dalla Siipac che tradizionalmente si occupa della lotta alle dipendenze. Assieme al fondatore Cesare Guerreschi la collaboratrice Giulia Tomasi e la mediazione del direttore dell’Alto Adige Alberto Faustini. Una bussola per l’intricata giungla del web. “Bisogna essere molto attenti nel saper valutare bene le situazioni e pensare a come viene usato questo strumento – spiega Tomasi – prima di demonizzare smartphone, tablet o computer. Nell’ambito dell’individuazione della dipendenza da social network, per esempio, possiamo appoggiarci a quelli che sono i sintomi delle tossicodipendenze”. Addirittura? “Sì perché parliamo di rabbia o malessere quando non si può averne accesso, bisogno di farne uso anche se sto facendo cose più importanti e necessità di aumentare costantemente la dose”. Oltre alla patologia, però, si finisce immediatamente dentro l’intricata questione dell’educazione: gli adolescenti immersi nel cellulare per dirne una. “Il problema non è tanto il mezzo perché anche in passato l’età adolescenziale aveva questi riflessi, ma quanto si è stati capaci di attivare un dialogo e meccanismi di fiducia nella crescita. Un papà che quando il bimbo aveva quattro anni passava due ore al giorno davanti al pc mentre lui giocava non può stupirsi di certi meccanismi quando il ragazzo compie 16 anni. Conta la costanza”. Si innesta, poi, un gap generazionale “Inevitabilmente c’è un modo diverso di vivere queste tecnologie tra chi le ha conosciute crescendo e i nativi digitali. Vanno capite queste dinamiche”. Si comunica di più o di meno oggi? “Si comunica diverso. Nei messaggi abbiamo una semantica condensata, un impoverimento emotivo e uno stile più asciutto. Bisogna stare attenti che questo non pregiudichi la capacità di rapportarsi con le persone in carne e ossa”. Molti genitori, inoltre, si domandano quanto e se sia utile scendere sullo stesso piano comunicativo dei figli iscrivendosi a Facebook e diventandone amici. E’ una strada giusta? “Difficile dare una risposta univoca perché dipende da intenzioni e situazioni. Se non si riesce ad avere un dialogo e lo si cerca solo tramite Facebook credo sia deleterio, ma se un ragazzo, per esempio, studia all’estero può diventare una splendida risorsa. Non va nemmeno bene pensare di avere un rapporto diretto talmente bello con il proprio figlio da decidere di ignorare il suo mondo sul web. E’ importante, infine, capire quanto, come, se e perché i ragazzi ci lasciano entrare in questa loro rete e quali posssano essere i motivi di una nostra esclusione”.













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