Zoeggeler sul Pascoli: «Se ristrutturiamo spendiamo un terzo»

L’architetto rilancia dopo lo stop di Comune e Provincia. «È un'opera faraonica, proviamo a costruire nel costruito»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Architetto, sembra non sia così semplice trovare i 90 milioni per il polo bibliotecario...

«Ho sentito. Non dico che me lo aspettavo. E' un'opera faraonica in tempi di crisi, dove invece bisognerebbe costruire nel costruito per risparmiare. Lo ripeto: si poteva fare tutto spendendo un terzo. Forse di meno». Eccolo di nuovo Oswald Zoeggeler. Il grande architetto bolzanino un giorno scrive all'" Alto Adige", che lo pubblica, un lungo articolo in cui mette in discussione la qualità del progetto di Mayr Fingerle, contro l'abbattimento e a favore del risanamento. Sembrava un dibattito riaperto, cavalcato dalla destra urziniana. Invece ci risiamo.

Zoeggeler, lo scopritore da sudtirolese, di quel tesoro sempre in penombra che è la Bolzano razionalista spiega che Bolzano, come le altre città, è un libro vivente. E le sue pagine non si strappano. Defensor prima del Corso, poi dell'ex Gil, adesso delle (ex) Pascoli-Longon.

La spending review di Kompatscher fa riemergere la trincea anti progetto. Che ha provato prima a salvare la curva delle vecchie magistrali (riuscendoci) e poi (senza riuscirci) anche le scuole stesse. In Provincia, di questi tempi fatti di scelte e di priorità ancora non definibili, si sta salvando a malapena l'Areale. Forse perché è lontano. Nubi invece sui due poli: quello delle biblioteche e quello, in Zona, dell'innovazione. I finanziamenti arrancano.

Sembra si badi al sodo, architetto.

«E' così. La cultura e la ricerca non danno subito profitti. Posso capirlo. Ma quello che non capisco è perché ci si sia incaponiti su un'idea di polo che prevedeva questi costi».

C'era da mettere dentro tre biblioteche e farne un unico contenitore...

«Non discuto la scelta politica. Metto in discussione quella progettuale. Avete visto cosa c'è dentro le Pascoli? Un mondo: cortili, corridoi. Ebbene, perchè non lavorarci? Le sale possono nascere nei collegamenti tra i tre edifici, le elementari, le medie e le superiori. Ne avevo accennato uno schizzo nell'ultimo convegno sul tema».

Ma la ristrutturazione costa.

«Un terzo. Ecco quello che sarebbe costata. E invece no. Giù tutto e poi si rifà a nuovo. E' la solita melina. Non capisco perchè nel momento in cui Bolzano decide di scegliere la strada di costruire sul costruito, come dice l’assessore all’urbanistica Chiara Pasquali, quando si tratta di tesori storici si demolisce. Invece di riusare spazi magnifici».

Ma la facciata è salva, no?

«Scusi, ha visto il rendering del progetto?»

Certo, e la preserva...

«Sotto. Ma sopra c'è quel grande cappello di vetro, cemento e chissà cos'altro che si vedrà subito dalla piazzetta e da Corso Libertà. E' la solita arroganza dei progettisti e della nostra politica provinciale. E questo è l'ultimo degli esempi».

Gli altri? Il Corso, intanto, non c'è più.

«E anche l'unità di Corso Libertà. Gli altri sono l'Eurac e il Lido, ad esempio. La ex Gil a ponte Druso era perfetta. Equilibrio, rapporto preciso con la via e il ponte. Bastava ristrutturare e costruire il nuovo dietro. Invece è nata quell'aggiunta vetrata. Per tenerci gli uffici poi. Caldi d'estate e freddi d'inverno. Come dire: noi siamo moderni».

Ma sono tripli vetri.

«Lo so purtroppo. Sa quanto sarebbe costato un bel muro di pietra o mattoni? Ventisette volte meno. Invece vogliamo esibire la tecnologia. E uccidiamo l'ordine perfetto di un'architettura perfetta. Siamo un'autonomia di esibizionisti».

Ma il Lido è rimasto...

«Il Lido era un esempio unico di architettura sportiva degli anni Trenta. Ma non ci andava bene. E allora ci abbiamo messo sopra la piscina coperta. Perchè non a fianco? O dietro. O più bassa perchè il tetto non sovrastasse la vecchia struttura? Siamo i campioni del finto risanamento. Preserviamo a pezzi. Dobbiamo far vedere che siamo arrivati noi, i più bravi. Invece di nascondere le aggiunte, le imponiamo. Il paragone è solo un'immagine ma pensi se la piramide del Louvre l'avessero messa sopra, così da farla vedere dall'esterno sopra i tetti del Seicento... Noi invece carichiamo, sovrapponiamo e deformiamo. E poi raccontiamo di aver salvato».

Si farà il megastore ma solo perchè un privato ci metterà almeno 200 milioni...

«E' una strada possibile se il pubblico non ha fondi. E poi almeno Chipperfield ridisegna la città. Piazze, strade pedonali. E' una bella cosa, internazionale, in un luogo molto degradato».

Anche il polo dell'innovazione, si farà ma con la solita fatica.

«Bene. Perchè la ricerca è essenziale. Ma anche in questo caso, seppur in maniera minore, si è messo mano ad un architettura storicamente compiuta. Invece di restaurare soltanto».

Ma ci sono nuove attività umane da far entrare all'ex Gil o alle Pascoli o al Lido.

«Giusto. Ma perchè mostrarle? Se un edificio ha una sua logica stringente e perfetta, l'architetto ha mille modi per muoversi senza farsi vedere. A fianco, sotto, dietro. Restaurando invece il visibile e lasciando intatto l'insieme. Invece no. L'autonomia vuole dire: eccomi, sono arrivata. E vuole dominare. E allora si mette sopra. Non può non farsi vedere...».

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