Brissinese regala una casa alle vittime dello Tsunami 

Enrico “Kiko” Signori è appena rientrato da una toccante trasferta nello Sri Lanka «Ho coronato un sogno regalando un tetto ad una famiglia con due bimbi piccoli» 


di Luca Masiello


BRESSANONE. «Credo di essere un egoista: fare del bene al prossimo mi fa stare meglio. Ma va bene così…». Non c’è traccia di esibizionismo o di autocompiacimento nelle parole di Enrico “Kiko” Signori mentre parla della sua ultima missione. E se le parole non bastassero, è il suo sorriso ad esprimere in maniera ancora più marcata la gioia incondizionata che prova per aver regalato una casa intera ad una famiglia vittima dello Tsunami in Sri Lanka: un tetto sulla testa di una mamma, papà e due pargoli che fino a poco tempo fa vivevano in una capanna.

Ad un anno esatto dal suo pensionamento, l’imprenditore brissinese è appena tornato dalla regione dell’Unawatuna, sulla costa sud del paese asiatico, dove ha inaugurato quella che con un giro di parole ha voluto chiamare “Pensione Kiko”.

Dopo tutti questi anni, si può affermare che la beneficenza è per lei un lavoro a tempo pieno: come nasce questa passione?

«La vita mi ha fatto nascere povero, non avevamo niente; poi, grazie allo studio, un po’ di talento e di fortuna sono riuscito a cavarmela, e adesso economicamente sto bene. Così quando posso, e se i mezzi me lo permettono, cerco di aiutare chi non ha le mie stesse possibilità».

Come ha iniziato?

«Ho sempre avuto una grande passione per la musica. Negli anni Novanta avevo rifondato il gruppo della mia gioventù, i “Ritorno di fiamma”, ed avevo deciso di destinare l’intero cachet delle mie esibizioni alla ricerca per la sclerosi multipla. Sono riuscito a fare donazioni importanti, anche grazie agli altri membri della band che si sono uniti all’iniziativa. E da lì ho compreso la gioia di donare: ancora oggi mi esibisco come solista, e quello che raccolgo lo devolvo soprattutto alle associazioni locali».

Come è finito in Sri Lanka?

«Qualche tempo fa mia moglie mi aveva presentato Margit Wengler, un’attivissima volontaria austriaca che con il marito Dietmar si prende cura di quella zona dell’Asia: finora hanno costruito 29 casette, due asili e sistemano anche i templi, aiutando i monaci che vivono solo di donazioni ed elemosina. Quando l’ho conosciuta è scattato qualcosa: mi aveva spiegato che lei si reca di persona sul posto, paga gli operai ogni giorno, segue i lavori, ed il marito posa personalmente le piastrelle nelle case. Non potevo non aderire al progetto di regalare una casetta ad una famiglia locale. Il prezzo stimato era di 6500 euro, che poi sono saliti a 8300, ed avevo pensato che ce l’avrei fatta».

Come è riuscito a raccogliere questa somma, piccola ma importantissima?

«Alla festa per il mio pensionamento, quella durante la quale mi hanno fatto la sorpresa di invitare sul palco i Dik Dik: avevo chiesto a tutti i miei amici di non farmi regali, ma di versare dei soldi per questo progetto. Ho raccolto 3200 euro, il resto si è aggiunto col tempo».

Come è andata l’inaugurazione della “pensione Kiko”?

«È inutile cercare di spiegare la mia emozione o quella della famiglia alla quale abbiamo donato la casa, non ce la farei. Ho ancora le loro espressioni marchiate nel cuore, e tengo quell’elefantino che hanno costruito per me come regalo come se fosse il gioiello più prezioso dell’universo».

Quale è stato il momento più bello del suo essere un benefattore?

«Quando, l’anno scorso, sono andato a Santo Domingo per conoscere quei tre bambini che ho adottato a distanza. Sono andato lì per la prima volta dopo 10 anni: mi vengono ancora i brividi a pensare alla gioia di tutti noi».

Che cosa si augura per il futuro? Per sè oppure per chi le sta vicino?

«La nostra piccola Bressanone è piena di persone con mezzi economici importanti, anche più di me: vorrei che scoprissero la gioia di donare anche loro, che mettessero a disposizione i loro soldi per aiutare chi vive in povertà. In realtà è molto più facile di ciò che si possa pensare. Basta crederci».

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