I manager Bbt a lezione al Forte dal fisico Tonelli 

Il professore ha guidato la ricerca del bosone di Higgs al Cern di Ginevra: «Ora sappiamo dire da cosa è nato l’universo. E forse anche come finirà»


di Sara Martinello


FORTEZZA. “Da dove veniamo?”. È la domanda che per millenni ha affascinato l’umanità. Esiodo cercò di rispondervi scrivendo la Teogonia, la storia del mondo che comincia con Caos. Poi fu Anassimandro, che pensò di distinguere tra leggenda e scienza. «Un tempo l’uomo non disponeva degli acceleratori di particelle, così ricorreva alla narrazione», spiega Raffaele Zurlo, amministratore della parte italiana di Bbt Se (la società che sta costruendo la galleria di base del Brennero), presentando la lezione tenuta ieri dal fisico Guido Tonelli al Forte. «Il desiderio di conoscenza è innato nell’uomo. Il mistero della nera notte che si staglia sopra gli uomini ha nutrito la letteratura fino ai giorni nostri, basti pensare alla notte ungarettiana, “in turbinante vuota dismisura”, o ai “figli delle stelle” di Alan Sorrenti».

L’introduzione di Zurlo lascia il posto alla lezione di Guido Tonelli, eccellenza della ricerca mondiale: il professore di Fisica generale all’Università di Pisa ha condotto l’esperimento Compact Muon Solenoid al Cern di Ginevra, contribuendo alla ricerca del bosone di Higgs.

«Perfino le tribù più nascoste hanno un racconto delle origini. Sembra che ogni forma di società si accompagni ad un’esigenza di ricerca delle origini» esordisce il fisico, nato 67 anni fa a Casola in Lunigiana. «Qualche tempo fa la mia nipotina, osservando la notte stellata, mi ha chiesto da dove venissero tutte quelle lucine. È la domanda di un’umanità bambina intera. Per rispondere serve coraggio, il coraggio di accettare il fallimento: gli esperimenti portati avanti per conoscere l’universo sono ai limiti della fattibilità umana, basta poco perché tutto volga in catastrofe. Direi che la compagna di viaggio è la paura di aver sottovalutato un dettaglio».

Quello in cui ci conduce Tonelli è un viaggio nel tempo: «Innanzitutto dobbiamo considerare l’età, dato che l’universo ha 13,8 miliardi di anni: non possiamo studiare la materia al suo stato attuale per capire ciò che era così tanto tempo fa. Dobbiamo anche accettare che è una materia fredda: la temperatura media è dominata da quella del vuoto, e così si attesta sui 270° C sotto zero. Appena nato, l’universo era caldissimo. Astronomi e astrofisici osservano gli oggetti più distanti abbandonando la nozione di contemporaneità e arrivando di fatto a vedere indietro nel tempo, galassie che hanno emesso la luce che noi vediamo ora e che nel frattempo sono cambiate. I fisici invece studiano le particelle elementari: provocano collisioni tra fasci di protoni dalle quali si genera energia. Sulla base di queste due linee di ricerca, oggi possiamo dire che l’universo è una forma di vuoto. Per fare l’universo bisogna procurasi un vuoto quantistico - basta un centimetro cubo - e una siringa di inflatoni: questi provocheranno l’esponenziale espansione dell’universo. Una possibilità è che a produrre l’inflazione da cui è nato tutto sia stato il bosone di Higgs, appena un centesimo di miliardesimo di secondo dopo il big bang. Nel momento dell’espansione, i bosoni di Higgs sono rimasti intrappolati in una melassa (il campo di Higgs) e sono nati i protoni, forme talmente stabili da sopravvivere per tutti questi miliardi di anni. Più tardi, dalla fusione nucleare di atomi di idrogeno nasce la prima stella, fornace in cui si producono ferro, silicio, calcio, metalli che l’esplosione della supernova scaglierà nell’universo. Ecco perché “siamo figli delle stelle”, come cantava Alan Sorrenti. Finirà tutto? L’universo è stabile, ma non è detto che lo sarà sempre: una catastrofe cosmica potrebbe provocare una lacerazione tale da far tornare tutto alla forma di energia da cui si è generato».

Le grandi strutture in cui l’uomo si muove sono sempre state divinizzate perché eterne. Con Galileo nacque la modernità, la concezione del mondo basata sull’osservazione ed è bastato un secolo perché la fisica quantistica cambiasse perfino i rapporti tra gli uomini (basti pensare ai cellulari). «Per migliaia di anni ci siamo visti fragili e precari in un universo immutabile, ma oggi ci possiamo rendere conto che è fragile e precario anche l’universo, proprio come noi».

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