BRESSANONE

«Il Mercatino? Le casette costavano 4 milioni l’una» 

Toni Schatzer, papà della rassegna: tutto genuino ma gli incassi erano modesti «Alla terza edizione 5-6 negozianti mollarono, poi la Provincia iniziò ad aiutarci»


di Luca Masiello


BRESSANONE. Oggi è una delle attrattive principali dell’avvento in tutto il Nord Italia: da Verona a Vipiteno ogni cittadina ha il suo mercatino. Per “respirare la vera aria del Natale” in Alto Adige i turisti iniziano a prenotare gli hotel già in agosto, e le agenzie di viaggi propongono tour che nel giro di dodici ore trasportano le persone in pullman nei principali centri della provincia per poter godere del luccichìo dei centri storici addobbati a festa. Quello che in pochi sanno è che è stata proprio Bressanone, assieme a Bolzano, ad “importare” la tradizione del mercatino di Natale a sud del Brennero, e che nelle prime edizioni in piazza Duomo c’erano più ombre che luci. «Per il primo anno gli espositori si sono dovuti comprare da soli le casette, che costavano quasi 4 milioni di lire, e sobbarcarsi le spese del riscaldamento. In molti hanno abbandonato quasi subito», spiega Toni Schatzer, uno dei “papà” del mercatino.

Toni Schatzer, oggi il mercatino è un must per il turismo. Come è iniziato il tutto?

«Fino agli anni 90 in dicembre il centro di Bressanone si trasformava in un deserto: i bar chiudevano presto, gli hotel riaprivano dopo la vigilia, e in giro non c’era anima viva. Josef Palfrader, il titolare dei due stand di frutta e verdura in piazza Parrocchia, aveva lavorato in qualche mercatino in Germania, e verso la metà del 1991 propose all’allora assessore Kerer di organizzare un evento del genere anche da noi. L’idea piacque subito, e l’assessore radunò un primo comitato, formato da Thomas Erler, Walter Kompatscher, Markus Lobis, Maria Huber Mayr ed il sottoscritto. C’è voluta un’infinità di incontri, scambi di idee e di opinioni. Non è stato facile, perché non avevamo punti di riferimento».

Come è andata la prima edizione?

«C’erano 23 stand, tutti occupati da commercianti brissinesi: chi vendeva articoli da regalo, chi biscotti, chi castagne e speck, c’era lo stand del vin brulé e quello dei biscotti. Era tutto molto genuino, ma gli affari non andavano bene. Già l’investimento iniziale non era da poco: ognuno doveva comprarsi la propria casetta, che costava 3 milioni 950 mila lire, e alla fine della manifestazione ci siamo divisi le spese del riscaldamento, della corrente e della pubblicità».

E l’anno successivo?

«Peggio ancora. E quello dopo addirittura peggio: cinque o sei commercianti si erano tirati indietro, e temevamo che la nostra avventura fosse arrivata al termine. Poi invece siamo riusciti ad ottenere un finanziamento dalla Provincia, che ci ha messo in condizione di non perdere troppi soldi. È da lì che, pur lentamente, il nostro mercatino ha iniziato ad ottenere il successo che si sta godendo».

Oggi l’evento attrae moltissimi turisti, molti dei quali sono “mordi e fuggi”. Non crede che si sia un po’ snaturata l’idea di mercatino di Natale?

«Più persone arrivano a Bressanone meglio è, anche se arrivano per poche ore. La manifestazione, poi, dà del lavoro a molte persone, studenti e casalinghe in primis. Ma il mercatino non è solo sinonimo di incassi: con il tempo abbiamo affinato un programma che vede i bambini al primo posto; ogni giorno vengono distribuiti fra di loro 37 buoni regalo, il mercoledì la giostra è gratis, e periodicamente vengono organizzati dei concerti che soddisfano tutti».

©RIPRODUZIONE RISERVATA















Altre notizie

l’editoriale

L’Alto Adige di oggi e di domani

Il nuovo direttore del quotidiano "Alto Adige" saluta i lettori con questo intervento, oggi pubblicato in prima pagina (foto DLife)


di Mirco Marchiodi

Attualità