Profanter, mezzo secolo di pane 

L’avvio della ditta con Helmuth, la scelta del biologico e un successo che va oltre i confini cittadini 


di Fabio De Villa


BRESSANONE. Come è cambiato il modo di fare il pane a Bressanone e in tutta la valle negli ultimi cinquant’anni e come sono andati questi ultimi anni dal punto di vista delle vendite? A queste e tante altre domande risponde un’autentica “icona” del commercio nella cittadina vescovile che quest’anno spegne la bellezza di 50 candeline, la famiglia Profanter.

In un periodo economicamente incerto riuscire a festeggiare mezzo secolo di un’azienda è un caso raro. Profanter festeggia quest’anno cinque decadi di attività durante le quali si sono alternate tre generazioni di panificatori.

Come è iniziata la vostra storia?

“Ha iniziato mio padre Leo nel 1948, quando ha cominciato a lavorare come apprendista con un panettiere locale – racconta Helmuth Profanter - Dopo anni di apprendistato prima e di lavoro poi, Leo ha acquisito l’esperienza che diciotto anni dopo, nel 1967, gli ha permesso di aprire il proprio panificio con annessa panetteria nel rione brissinese di Millan”.

Cosa vi ha contraddistinto?

“Helmuth, il figlio e poi Benjamin, il nipote, hanno sempre posto attenzione nella scelta delle materie prime, eliminando le miscele preconfezionate in favore di farine macinate in casa. La produzione si basa su metodi di lavorazione artigianali e predilige l’uso delle mani rispetto alla meccanizzazione”.

E l’azienda ha abbracciato la filosofia biologica

“Nel 1980 la nostra famiglia ha puntato in questa direzione, preferendo materie prime non trattate e dal 2011 la produzione è stata convertita al 100% bio. Nel confronto con panificatori germanici ed austriaci si sentiva il bisogno di creare un tipo di pane che si differenziasse da quanto c’era in commercio”.

Come è andata questa esperienza?

“Stiamo parlando di un epoca tecnologicamente alla preistoria: non c’era nemmeno il fax. Per riuscire ad ottenere i cereali biologici, all’epoca disponibili in Germania, Austria ed in minima parte in Italia, bisognava armarsi di pazienza e sperare che non capitasse nulla nel trasporto attraverso le frontiere in quanto i costi erano esorbitanti. Oggi con la tecnologia è più facile”.

Nel futuro dell’azienda cosa c’è?

“Nel nostro futuro vedo la continuazione della strada intrapresa, migliorandosi e aggiornandosi ogni giorno senza perdere di vista la tradizione della nostra terra”.

Il caldo di questa estate ha avuto ripercussioni sulla produzione del pane?

“Sì, ha avuto importanti ripercussioni sulla raccolta delle spighe e sulla conseguente produzione del pane locale. Non è stata però un’annata da buttare. Al contrario, il rovescio della medaglia di questa secca improvvisa ha portato a un innalzamento della qualità del grano tenero e del grano duro”.

Quale prodotto va per la maggiore a Bressanone?

“Sono sempre molto richiesti fra gli scaffali dei panifici i segalini Breatl, i più consumati e preferiti dai brissinesi”.

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