«Regole non chiare e divieti, così per bar e alberghi è dura» 

Emergenza Covid ed economia. Lo sfogo di Markus Knapp, fiduciario dell’Unione albergatori e pubblici esercenti: «C’è confusione sull’interpretazione di norme che cambiano e le perdite per gli associati arrivano al 50 per cento»  


Fabio De Villa


Bressanone. Confusione e rabbia a Bressanone e in Valle d’Isarco nel settore degli esercenti e quello dei commercianti per via di questo “semaforo di colori” che, protestano, “cambiando in continuazione ha mandato letteralmente in tilt baristi, ristoratori, albergatori e anche forze dell’ordine”. Si tratta ovviamente dei colori assegnati alla zona in base al grado dell’emergenza Covid.

Markus Knapp, fiduciario dell’Unione albergatori e pubblici esercenti (Hgv) di Bressanone, illustra la situazione e il malumore fra baristi, albergatori e ristoratori della cittadina vescovile: “Non siamo d’accordo con le ultime decisioni (nuova chiusura per bar e ristoranti, ndr) che condizionano le nostre categorie e creano ulteriore confusione. Gli stessi esercenti pubblici sono confusi su come comportarsi fra informazioni, restrizioni, divieti: un giorno si decide una cosa e il giorno seguente se ne decide un’altra”.

Come si devono comportare ristoratori, albergatori e baristi?

“I bar ed i ristoranti saranno chiusi al pubblico e potranno lavorare solo con servizio d’asporto fino alle 18. Dopo questo orario, per chi ha la possibilità di farlo, è possibile la consegna a domicilio fino alle 22. Eccezione fatta per i ristoranti che offrono il servizio mensa e che potranno restare aperti e operativi per il settore dei professionisti, come per esempio i rappresentati delle aziende locali che lavorano in loco”.

E il settore alberghiero come sta vivendo questa situazione anomala di un turismo bloccato?

“La bella notizia è che gli alberghi possono rimanere aperti, compreso il settore della cucina per gli ospiti. La brutta notizia è che non abbiamo ospiti proprio per via di questo tira e molla di regolamenti senza fine. Attualmente, i pochi ospiti che frequentano le strutture alberghiere a Bressanone sono proprio i rappresentanti delle aziende locali che lavorano in regione. Non ci sono turisti, nemmeno dalle zone vicine”.

A quanto ammonta la perdita di fatturato in questo ultimo anno per il settore alberghiero locale?

“Nella mia attività alberghiera e ristorazione, in questo ultimo anno di pandemia ho perso il 48% degli incassi. Noi lavoriamo tutto l’anno e la perdita per noi è stata evidente. Meglio è andata a quegli alberghi che hanno lavorato stagionalmente, che sono abituati a lavorare stagionalmente e che hanno chiuso a marzo, ovvero all’inizio dell’emergenza coronavirus, per poi riaprire a giugno, ovvero alla fine del lungo lockdown di primavera, limitando così le perdite. Attualmente a Bressanone contiamo circa 5 mila posti letto in un totale di 300 strutture ricettive, strutture che hanno lavorato quasi tutte più o meno la metà rispetto alle loro possibilità e rispetto agli standard consolidati nelle scorse stagioni. Una situazione che non è molto diversa per i circa 120 bar che si trovano e lavorano sul nostro territorio e che continuano ad aprire e chiudere. Poi c’è chi ha la licenza di bistro e prova a tenere aperto fino a tardi come fossero dei ristoranti. Poi, ancora, ci sono le baite e le strutture di montagna, per le quali la situazione è ancora più confusa: da una parte c’è la teoria, poi la pratica però è tutta un’altra cosa”.

La situazione controlli a Bressanone come la valuta. Vengono fatti e come sono vissuti dagli esercenti?

“I controlli ci sono e vengono fatti abbastanza regolarmente dalle forze di polizia, ma anche qui chi controlla deve aggiornarsi con norme in continuo cambiamento. Ho sentito di esercenti multati giustamente perché non rispettavano le disposizioni, esercenti che a malincuore hanno dovuto accettare la sanzione, e ho sentito di casi in cui le multe sono state contestate appunto sulla base di regole nel frattempo cambiate”.

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