Scuola bilingue: «Realtà possibile che sta vincendo» 

Verso il futuro. Il vicesindaco Fabio Cola traccia i contorni di una città dove le divisioni etniche appartengono al passato, dall’istruzione al teatro «In cinque anni il programma Clil ha fatto raddoppiare le iscrizioni»


sara martinello


vipiteno. C’è un filo rosso tra la parola “comunità” e la critica che più spesso si muove alle liste civiche composte in prevalenza da iscritti al gruppo italiano. Soprattutto nelle periferie, cioè ovunque tranne che a Bolzano e nei comuni maggiori della Bassa Atesina. E se esistesse una periferia tanto lontana da essersi reinventata centro, dove la comunità abbia nutrito un mito che, appunto, sia soltanto nel mito?

La quinta generazione.

Fabio Cola è il vicesindaco di Vipiteno, eletto con la civica Insieme per Vipiteno. La sua famiglia è qui da cinque generazioni: il vicentino Giuseppe Cola ci arrivò dopo essere scampato alla deportazione in Germania e sposò Lisa Niccolini, precettata dalla Wehrmacht nell’assemblaggio di armi nella polveriera di Stilves. Abitavano in via Villa, quella che era chiamata “Shangai” (a Bolzano, Sciangai). Ci viveva anche la mia famiglia paterna, so bene che l’amicizia e la solidarietà tra vicini furono un collante insostituibile.

Lo slancio della cultura.

Incontro il vicesindaco al termine dell’ennesima giornata sul fronte della prevenzione dei contagi, la seconda ondata sta per arrivare. «Impossibile replicare quell’unione sociale tra famiglie – mi dice a un tavolino del bar Teatro –. L’hanno smorzata un po’ il benessere economico, un po’ una certa disgregazione. Questo però ha fatto sì che la comunità dei vipitenesi si sia aperta, abbia abbandonato la chiusura di un tempo. Parlando con altri politici altoatesini a volte noto che altrove permane una divisione tra gruppi linguistici, anche a livello di associazioni. Qui invece c’è una permeabilità tra gruppi sociali che rende Vipiteno un buon esempio».

La contaminazione tra gruppi appiana i rancori, la conoscenza reciproca seda i conflitti. Senza però rinunciare a un’offerta di intrattenimento tipicamente “italiana”: «Da assessore a volte resto colpito in prima persona dalla varietà e dalla validità dell’offerta culturale in lingua. Pensiamo per esempio al Teatro Stabile e all’ottimo lavoro di Walter Zambaldi, tanto apprezzato da tutti noi – e parlo di un pubblico trasversale ai gruppi linguistici – tanto che negli ultimi cinque anni gli abbonati sono raddoppiati. Il Tsb è venuto qui, noi abbiamo risposto con una doverosa pubblicità e con un’adesione importante».

Il progetto Clil.

La popolazione di lingua tedesca supera il 73 per cento. Per favorire un’introduzione nel tessuto sociale, soprattutto nelle valli, da diversi anni le famiglie altoatesine iscrivono con sempre maggiore frequenza i figli alle scuole tedesche. Come riequilibrare la situazione? E soprattutto, come far sì che la prima e la seconda lingua siano davvero percepite come paritarie? Circa otto anni fa nella scuola italiana di Vipiteno è stato introdotto il programma Clil. «Il primo, più visibile risultato è stato che la dirigente Carmela Grassi è riuscita a raddoppiare le iscrizioni alle elementari e alle medie italiane, per la soddisfazione di tante famiglie mistilingui. Ha funzionato anche a Bolzano, alle Manzoni, grazie al lavoro della dirigente di allora Mirca Passarella».

La sfida si allarga alle superiori: «A Vipiteno in italiano è disponibile solo il biennio, ma non ci sono iscrizioni. Sono consapevole del fatto che sia una competenza provinciale e non comunale, ma assieme al dirigente Paolo Todesco nei prossimi anni vorrei riuscire a renderlo più competitivo, magari introducendo quel biennio unico che ormai sembra una chimera, quindi a completare il percorso con il triennio. L’anno scorso abbiamo inaugurato il nuovo polo scolastico di lingua italiana (intitolato ad Alexander Langer, ndr), dove c’è lo spazio per tutti e cinque gli anni di scuola superiore. Senza contare che la presenza in città di realtà economiche come Leitner o Troyer può fare da spalla e da sprone alla formazione dei giovanissimi».

Verso il futuro.

Di Cola si potrebbe dire che è un vipitenese e uno Sterzinger, talmente calato nella realtà locale da non dover sognare una vita altrove, al di là delle montagne. Sorride, quando gli chiedo perché, contrariamente a tante persone della nostra generazione, non abbia valutato di spostarsi in un centro maggiore. «Vivere qui per me è naturale – risponde –, mi piace la mia città, mi piace chi ci vive, mi piace la montagna. È vero, una decina d’anni fa c’erano molti più locali, scomparsi a mano a mano che come in tanti altri centri storici gli alberghi hanno chiesto una maggiore tranquillità. Ma se ti piace lo sport, se ti piace l’aria di montagna, Vipiteno è una scelta dovuta». Negli ultimi cinque anni Cola ha investito molto nell’associazionismo, dal Cnsas al Cai, dal Coro Cima Bianca alle associazioni sportive fino ad arrivare all’Arci, che qui è per la cultura italiana un punto di riferimento. Due anni fa ha contribuito a fondare il Comitato di educazione permanente, di cui è presidente, composto da un rappresentante per associazione, creando coesione e aprendo una crepa nell’impermeabilità tra i diversi sodalizi. Ha incentivato la rinascita della storica discoteca Jägerkeller e l’istituzione del Music Lab, figlio dell’Arci, una sala prove aperta a tutta la comunità, «uno spazio per “giovani” dai 10 agli 80 anni dove stringere nuove relazioni, con un centinaio di collaboratori a vario titolo». Attraverso il lavoro dello storico presidente dell’Arci Davide Fiorotto e di Jack Alemanno, responsabile del Music Lab, prima del coronavirus si facevano due eventi al mese, anche grazie alla sinergia con Brunico. Per il vicesindaco, «l’unione di associazionismo e passioni personali riesce a colmare il vuoto lasciato dai privati».

E la politica? «Per senso civico, non puoi lamentarti senza fare niente. La squadra di Insieme per Vipiteno per me è un laboratorio dove acquisire competenze e dove trovare l’aiuto di chi ha un’esperienza ventennale. Ho iniziato quasi sei anni fa, poi mi sono ricandidato perché il nostro percorso ha bisogno di tempo». Si tratta di spianare la strada a idee realistiche, spesso elaborate nel corso del primo mandato. Un politico low profile? «La gente oggi non ha voglia di grandi promesse urlate. Mi hanno scelto per i programmi e per l’attitudine al dialogo con l’opposizione, qui l’obiettivo è di far stare bene tutte e tutti i nostri concittadini. Mi hanno votato anche persone di lingua tedesca e ne vado fiero». Da comunità italiana a comunità cittadina.













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