clima

Ghiacciai, nevicate troppo scarse. Il Cai: «Sarà un’estate difficile»

Se il 2022 è stato l’anno peggiore di sempre, il 2023 rischia di rivelarsi ancora più devastante: a mancare è la neve invernale, la meno aggredibile dai raggi solari. Ghiacciaio della Marmolada ad un passo dalla fine



BOLZANO. Se il 2022 è stato l’anno peggiore di sempre, per lo meno da quando si sono avviate le rilevazioni scientifiche aeree e in quota, per i ghiacciai altoatesini il 2023 potrebbe rivelarsi ancora peggio. «Magari sembrerà strano parlare di ghiacciai nel pieno della stagione invernale, ma se lo si fa con gli occhi puntati sul loro stato di salute ci si rende conto di quanto sia importante seguirne l’evoluzione, dato che le previsioni per la prossima stagione estiva sono alquanto preoccupanti». Lo precisa il presidente del Servizio glaciologico del Cai Alto Adige, il generale Pietro Bruschi. Infatti, prosegue, «al di là del recente clamore mediatico sollevato in occasione delle vacanze invernali riguardo alle piste da sci in tutte le località del turismo invernale, ad una analisi attenta e mirata sulle condizioni invernali della montagna si vede come il manto nevoso non sia all’altezza della situazione».

Da 30 anni il servizio glaciologico del Cai Alto Adige svolge un importante ruolo di osservazione e analisi della situazione in cui si vengono a trovare i principali ghiacciai della provincia. Tale servizio si basa sul lavoro degli operatori glaciologici, tutti volontari, che con dedizione e competenza si recano ad ogni fine stagione estiva alle fronti per compiere le necessarie misure di variazione, sia areale che volumetrica. Una attività possibile grazie anche al sostegno del direttore dell’ufficio idrologia e dighe della Provincia autonoma di Bolzano, l’ingegner Roberto Dinale.

Ad illustrare in dettaglio lo status quo è il coordinatore scientifico del Servizio glaciologico del Cai, il geologo Franco Secchieri: «Poca è la neve caduta in questi mesi dell’autunno inverno 2022-2023, e sappiamo che, per quanto riguarda il bilancio glaciologico delle masse gelate, proprio questa neve è la migliore rispetto a quella primaverile, perché ha tempi e modi per subire una metamorfosi con l’aumento della densità che la renderà più resistente alla penetrazione dei raggi solari e del calore durante la stagione di ablazione, ovvero l’estate». La neve primaverile, invece, «non subisce questa trasformazione ed è soggetta di conseguenza ad un processo di fusione molto più accelerato».

Secchieri prosegue dicendo che «non è il caso di rubare il mestiere a maghi e indovini, cercando di prevedere cosa succederà nei prossimi mesi, e se la stagione estiva sarà ancora una volta molto calda e siccitosa. Tuttavia l’analisi dello stato del manto nevoso depositatosi fino ad ora anche alle quote più elevate non lascia spazio all’ottimismo». La carenza di neve - soprattutto invernale - potrà portare a quello che i glaciologi chiamano un bilancio di massa negativo a causa dell’ablazione, che andrà ulteriormente ad intaccare gli strati del nevato e del ghiaccio delle precedenti annate, con una ulteriore grave perdita di massa dei ghiacciai. «Le conseguenze negative - così ancora Secchieri - saranno ancora una volta molte e non riguarderanno il solo aspetto paesaggistico, se pure importante».

A tale proposito un emblematico esempio è costituito dal versante settentrionale della Marmolada, «un tempo famoso per il grande ghiacciaio che lo ricopriva e che sta ormai gradatamente frazionandosi verso una fatale scomparsa». Ma la situazione più grave, va oltre, «sarà la carenza delle risorsa idrica cui si accompagneranno le preoccupanti magre dei grandi fiumi come il Po e l’Adige, alle cui portate concorre anche l’acqua di fusione del ghiaccio e della neve».

Riguardo alla scorsa stagione estiva, ricorda Secchieri, «è emerso il quadro desolante di un contesto glaciologico già ormai da tempo in grave crisi a causa della riduzione delle masse gelate, causata oltre che dall’andamento termico estivo anche dalla scarsità delle precipitazioni nevose». Una condizione, conclude, «che si va ripetendo sempre più frequentemente e innegabilmente legata al cambiamento climatico in atto ormai da tempo». Una situazione che interessa l’intero arco alpino, come è ben testimoniato dal lavoro di altri servizi glaciologici come quello lombardo e quello trentino, oltre che, naturalmente, dalle campagne degli operatori del Comitato glaciologico italiano. «Aspettiamo dunque l’evolversi della situazione meteo climatica lasciando alla speranza l’ultima possibilità di sopravvivenza dei ghiacciai». DA.PA













Altre notizie

l’editoriale

L’Alto Adige di oggi e di domani

Il nuovo direttore del quotidiano "Alto Adige" saluta i lettori con questo intervento, oggi pubblicato in prima pagina (foto DLife)


di Mirco Marchiodi

Attualità