il caso

Il flop dei congedi parentali: nel 2022 in Alto Adige solo 89 papà a casa con i figli

Dal 2017 la Provincia concede ai padri lavoratori un assegno da 400 a 800 euro ma l'appeal dello strumento resta molto basso


Antonella Mattioli


BOLZANO. Dal luglio del 2022 è stato tolto anche il limite del reddito: all'assegno provinciale previsto per il nucleo familiare possono accedere tutti i papà del settore privato che vogliano prendersi cura per un massimo di tre mesi dei figli, nel primo anno e mezzo di vita. Ma anche così l'appeal è rimasto praticamente pari a zero o poco più. Tanto che le cifre raccontano di un flop.

Solo 89 padri
«Nel 2022 - spiega Eugenio Bizzotto, direttore dell'Agenzia per lo sviluppo sociale ed economico della Provincia - sono stati complessivamente 89 i padri, lavoratori dipendenti del settore privato (l'assegno è riservato solo a loro, ndr) in provincia di Bolzano, che hanno ottenuto il contributo integrativo dell'assegno provinciale al nucleo familiare. Si va da un minimo di 400 ad un massimo di 800 euro al mese.
E viene concesso ai padri che usufruiscono del congedo parentale nei primi 18 mesi di vita del figlio per un periodo minino di due mesi continuativi e massimo di tre. In questo modo si vuole sostenere l'assunzione di responsabilità da parte dei padri che, durante il congedo parentale, ricevono solo il 30 per cento dello stipendio».
Dal 2017 al 2022 sono stati complessivamente 600 (la cifra è rimasta praticamente invariata) i padri che hanno ottenuto complessivamente in media 1.300 euro. Nell'ultimo anno la Provincia ha speso 104 mila euro per l'assegno.
Le cifre confermano come - nonostante i tempi siano cambiati - il carico della gestione familiare e in particolare dei figli, gravi praticamente se non tutta sulle donne. Che per conciliare impegni di lavoro e impegni familiari, spesso e volentieri, sono costrette a prendere part time e congedi; qualcuna addirittura a dare le dimissioni: scelte che pesano prima a livello di stipendio e, in prospettiva, sulla pensione.

La discriminazione
«L'introduzione di regole condivise per le aziende a tutela delle lavoratrici madri, annunciata dalla ministra per la famiglia Eugenia Maria Roccella, potrà contribuire ad eliminare le cause di una inaccettabile discriminazione che in Italia individua nella maternità la causa delle dimissioni di nove donne su dieci». Lo afferma in una nota Renate Gebhard, presidente dei deputati della Volkspartei alla Camera.
«Il fatto che, da anni, la curva demografica sia negativa, dimostra ancora una volta che l'Italia debba fare tutto il possibile per invertire la rotta. E deve farlo velocemente», aggiunge Gebhard invitando a guardare al modello francese e del Nord Europa. «Sono modelli di avanguardia - sostiene la deputata Svp - che rendono meno pesante la scelta dei figli e dove allo stesso tempo vi è un maggior ruolo dello Stato nel sostenere le scelte genitoriali». «Intervenire - prosegue la deputata - su gender pay gap, introdurre aiuti e sostegni nei primi tre anni di vita del neonato, garantire il diritto delle donne ad essere informate sull'attività lavorativa nei periodi di congedo, favorire congedi, aspettative e flessibilità di orari (part time, lavoro agile), politiche e risorse per un piano nazionale relativo agli asili nido, sono fra gli ambiti di intervento del codice per le aziende che intenderanno sottoscriverlo».













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