Presentazione

L’esperta: «In medicina le parole pesano»

Roberta Villa, giornalista scientifica, presenta il suo libro “Controglossario di medicina. Un viaggio fra le parole che pensiamo di conoscere”. «E’ una mappa per muoversi nella geografia terminologica quotidiana. Ad esempio, lo sapete che il “non naturale” ha sconfitto le malattie endemiche?»


Paolo Campostrini


BOLZANO. "Arrivo, ho preso solo un po' di influenza...". No, non è influenza. Se lo fosse, il tipo in questione non riuscirebbe neanche a scendere le scale e sarebbe a letto con almeno 39 di febbre, le ossa rotte e brividi da non dormire. Eppure lo diciamo: ho un po' di influenza. E questo, ben prima del Covid.

Poi, la questione del naturale. Da quando viviamo più o meno felici quasi tutti nelle città, cibarsi naturale, curarsi con metodi naturali, sognare uno stile di vita naturale ha invaso il nostro immaginario. Disegnando un mondo possibile dove ogni cosa sta al suo posto e noi pure. Bugia. Quando la natura regnava sovrana su di noi l'aspettativa di vita di un essere umano su questa terra era intorno ai 40 anni. Se non si ammalava in fasce. Ora, che passiamo le giornate a controllare gli ingredienti sul retro di prodotti industrialmente confezionati, ingeriamo farmaci che neppure sappiamo da quali processi escano, abbiamo avuto almeno tre o quattro generazioni di nostri simili che non hanno mai visto dal vivo una mucca che si fa mungere, la vita media nel mondo che pare aver ripudiato la natura sta superando gli 85 anni. Senza la natura attaccata a noi, viviamo il doppio. «Influenza, natura: sono due parole che riempiamo di significati che in realtà non posseggono. Sono altro. Magari al posto di cibo naturale si dovrebbe dire biologico. Usare "influenza" non per un raffreddore. Rifuggire da chi propone farmaci "naturali" per curare patologie serie, affiancando a rimedi elementari un aggettivo solo apparentemente salvifico: la natura, in realtà, non fa sconti, spesso uccide, è la scienza, la tecnologia, i vaccini, i farmaci antivirali e antitumorali che bloccano i processi degenerativi, non l'echinacea. "In natura" la gente moriva giovane. In campagna pure, se non di più. E vogliamo parlare dell'omeopatia? Molti che ne usano il termine mostrandosene attratti, la scambiano per una tecnica di cura con le erbe. Solo che quest'ultima è la fitoterapia e va guardata con attenzione, anche se ha migliaia di anni sulle spalle». L'omeopatia invece ha una storia molto più recente e, spiega Roberta Villa «ha più a che fare con la filosofia che non con la scienza». Tant'è che gli elementi posti in vendita che vi fanno riferimento hanno una scritta: "senza indicazioni terapeutiche approvate". Dal 2016, negli Usa si è aggiunto: non c'è alcuna prova che funzionino. È così, nessuna. Nessun test, niente verifiche di scala. Roberta Villa sono anni che si muove in questo oceano mobile e spesso senza fari che si agita intorno alla medicina e alle sue parole. Perché proprio nelle parole si nascondono le trappole, le fake. E si prendono lucciole per lanterne. «Il primo passo per uscire dal disordine informativo in cui ci troviamo credo sia la comprensione del lessico» spiega la giornalista scientifica, laureata in medicina e chirurgia, autrice di libri e manuali, collaboratrice di inserti prestigiosi. L'ultima sua fatica ha un nome che è una garanzia: "Controglossario di medicina" (Gribaudo), sottotitolo: "Un viaggio tra le parole che pensiamo di conoscere".

Roberta Villa, perché è così facile usare parole senza guardare a cosa c'è dietro?

Ci conforta. È tranquillizzante. Ma solo apparentemente.

Ad esempio?

Dire naturale come parola che racchiude tutto un mondo contrapposto ad industriale.

Magari è vero in tanti campi?

Non in medicina. Vivere in natura non rappresenta la nostra età dell'oro. In natura, gli uomini morivano come mosche e non vivevano più di trenta o quarant'anni. La ricerca, l'industria, la tecnologia "non naturale" ha sconfitto malattie endemiche. I vaccini hanno fatto sopravvivere milioni di ragazzini condannati a morte certa dalla natura. Anche i saggi africani lo dicono.

E che cosa?

Dicono di non contare il numero dei figli fino a quando non abbiano superato la malattia. Sanno che l'intenzione comporta il rischio di perderli.

La scienza, non la natura ci ha dunque salvato?

La natura va preservata. Ma pure noi dobbiamo farlo. Siamo, noi delle generazioni nate dopo la seconda guerra mondiale quelli, nella intera storia dell'umanità, che viviamo più a lungo. E ancora non sappiamo fino q quando potranno vivere le prossime.

Merito di cosa e di chi?

Del fatto che viviamo nelle città e non più nelle campagne. O peggio nelle foreste. Belle, naturali ma dove, in natura, vivono virus, animali predatori, insetti.

Dunque, mettiamoci d'accordo sul vocabolario quando parliamo di medicina?

Assolutamente. Mi viene in mente un'altra parola magica.…

Prego.

Detox. Medicinali detox, tecniche detox, cliniche detox. Andiamoci cauti. Se vanno bene queste cose vuol dire che non siamo intossicati e che non facciamo cure realmente detox ma magari semplicemente rilassanti.

E se invece è una cosa seria?

Allora c'è la dialisi. Non scherziamo con le parole. Quando si parla di trattamenti che purificano meglio non spendere soldi per farli.

E fare cosa al loro posto?

Mangiare frutta e verdura. È molto meglio. Non riempirsi di cibo pattumiera, desinare leggero, fare sport o almeno movimento. C'è una intera economia che vive sull'uso sbagliato delle parole e sul loro suono salvifico per milioni di esseri umani.

Questo è un uso sbagliato o scorretto delle parole. Poi ci sono le bufale.

E qui saliamo di livello. Ma, al di là della capacità di un bravo medico o di un professionista, una semplice conoscenza di base servirebbe a tutti per orientarsi.

Il suo libro aiuta?

È un glossario. In sostanza, più che un vocabolario una mappa il più possibile illustrata e semplificata per muoversi nella geografia terminologica che usiamo tutti i giorni. Tante volte a proposito. Ad esempio: broncopolmonite.

Cos'ha che non va?

Niente. Solo che la crediamo, forse perché parola più complessa, più seria della polmonite. È il contrario. È più grave la polmonite. Per non parlare nelle malattie mentali o psicologiche.

Altro terreno scivoloso?

Molto. Siamo dentro un mondo che fa risuonare ad ogni piè sospinto "sono depresso", oppure "mi trovo sotto stress". Siamo semplici: sarebbe meglio dire che siamo un po' stanchi. La depressione è una cosa seria, non basta il riposo.













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