Il caso

Merano: a Castel Winkel tra i senzatetto ci sono anche altoatesini

Una mamma meranese costretta a vivere per un paio di mesi nel palazzo sgomberato dalla polizia: “Ho perso il lavoro per colpa della depressione e mi hanno tolto i figli, ma per strada non ci sono solo stranieri”


Gianluca Marcolini


MERANO. «Sbagliatissimo pensare e scrivere che il problema tocchi solamente gli stranieri. Ci sono anche molti altoatesini in difficoltà, costretti a vivere per strada o a trovare riparo a Castel Winkel. Una di loro sono io». Una di loro è una mamma meranese che ha deciso di uscire allo scoperto - anche se l'anonimato qui è d'obbligo, a tutela dei figli minorenni - con una finalità ben precisa: demolire la convinzione comune che l'emergenza sociale, legata alla povertà e al rischio emarginazione, sia una faccenda solo di chi è immigrato. «Non è affatto così, e ne sono testimonianza diretta: anche gli altoatesini si possono trovare in situazioni del genere, costretti, se in difficoltà per varie ragioni, a ricorrere a espedienti per sopravvivere - racconta la donna - e in mezzo a diversi altoatesini ci sono anche tante donne, non sono certo l'unica. La collettività, e soprattutto la politica, non possono fare come nulla fosse». La meranese, di lingua tedesca, fa parte del gruppetto di occupanti abusivi che l'altro giorno sono stati fatti sgomberare da Castel Winkel. Non erano tutti stranieri, dunque; fra i senzatetto c'era anche lei. «Stavo lì da un paio di mesi, l'alternativa è vivere per strada». Assieme alla donna anche il suo compagno, lui sì straniero. Vorrebbero, per loro, le cose più normali di questo mondo, come ogni altra coppia: trovare casa, sposarsi, lavorare. Ma ciò che per taluni rasenta la normalità, per altri oltrepassa l'inafferrabilità. La sua storia personale ha messo più volte a dura prova la mamma meranese. Un'esistenza trascorsa, fino a un certo punto, in modo del tutto comune a molte altre, come racconta lei stessa, con un lavoro e un tetto Ipes sotto cui vivere assieme ai propri figli, e gli stessi ostacoli da superare come numerose altre famiglie. Poi la prima rovinosa caduta sulla strada della vita, un crollo emotivo accentuato dalle difficoltà di un particolare frangente storico, a dir poco difficile per l'intera umanità, il tutto culminato in una sbandata che l'ha portata ad assaporare il gusto dell'eccesso. Inevitabile conseguenza la perdita del lavoro, la rinuncia alla potestà genitoriale, con i figli affidati a una struttura per minori, e lo sfratto dall'abitazione in cui viveva. «Oggi sto rimettendo in piedi la mia esistenza, affrontando e superando i risvolti più bui, abbandonando gli eccessi, e piano piano ci sto riuscendo, ma rimangono le difficoltà di non avere un lavoro e una casa; ciò mi ha costretto a trovare un riparo dove stare e dormire, da un paio di mesi a questa parte e fino all'altro giorno - sottolinea la donna -. Ma lì dentro vi era gente che ci viveva da anni». Dopo il blitz delle forze dell'ordine a Castel Winkel, l'ennesimo, il rischio di finire per strada era elevato. «Così ho chiamato i Servizi sociali del Comune di Merano minacciando di mettermi a dormire davanti al portone del municipio - racconta la meranese -. Incredibilmente, mi è stato detto che hanno a disposizione un appartamento per una coppia e che ce lo fanno vedere, a me e al mio compagno. È un inizio, speriamo bene. Ma nella mia situazione, mi è stato detto, ci sono anche altri altoatesini, anche donne. In difficoltà - conclude - ci siamo tutti».













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