Merano. Con l’inizio della campagna di immunizzazione e la ripresa delle speranze dopo un anno nero le forze politiche meranesi tornano a organizzarsi in vista delle prossime comunali, che se non nella tarda primavera dovrebbero tenersi nel prossimo autunno. Per il centrosinistra al momento la strada da percorrere sembra quella della coalizione unitaria. Almeno stando a una recente nota del Partito Democratico meranese, preceduta da un commento sull’Alto Adige di Vanda Carbone.

«Il progetto potrebbe avere maggiore concretezza se parallelamente alle interlocuzioni che presto saranno avviate si mettesse in moto un discorso a livello di provincia, nel cui contesto Merano è una municipalità importante». Oggi le dichiarazioni di Daniela Rossi, ex candidata sindaca del Pd, lasciano presagire che qualcosa bolla in pentola. Una mano tesa. Ai Verdi, alla Civica, alle liste minori? Su questo al momento non ci sono certezze. Permangono e si rafforzano due limiti, avverte Rossi: «La necessità di tenere Merano entro la sua tradizione governativa e quella di una politica che sappia farsi carico dell’amministrazione cittadina nella crisi postpandemica». I contatti informali con forze più piccole sono già iniziati, quelli formali invece prenderanno il via nelle prossime settimane. Rossi tiene conto di due variabili emerse con le ultime due tornate elettorali: un elettorato tedesco che non vota etnico e uno spostamento verso destra. «Si sta facendo largo un’inquietante rottura rispetto alla tradizione meranese, storicamente di stampo moderato o riformista. Bisogna dare una risposta all’avanzata della destra». E la Civica? «Dovrà fare una scelta. Nel 2007 era nel gruppo del centrosinistra, poi nel 2010 sei consiglieri su nove costituirono la diaspora. Ma resta inspiegabile questo loro spostamento a destra dell’ultima tornata elettorale, cosa che poi ha determinato una sconfitta, coi consiglieri della Civica passati da cinque a tre».

Carbone resta al di fuori del contesto elettorale e al contempo dentro l’analisi politica. «Se si sgombera il campo da rivendicazioni identitarie di tipo etnico e si ripensano le alleanze politiche sulla base di una condivisione della visione della città si rimescolano le carte e si crea qualcosa di nuovo», dichiara oggi. Condizione perché non si ripeta la situazione dello scorso autunno, «tracciare alleanze politiche non etniche chiare e mettere insieme le forze». I temi sono quelli cittadini. «Vogliamo parlare di sviluppo urbanistico, che già di per sé crea una divisione? Poi ci sono anche argomenti minori di facile presa populista, uno su tutti l’addizionale Irpef, quota infinitesimale del bilancio introdotta a suo tempo proprio per abbassare l’Ici. La differenza tra aree politiche si riconosce anche nel modo di pianificare i lavori pubblici: si può investire tutto sull’ippodromo o invece implementare l’edilizia per gli anziani, oggi autonomi più a lungo, investendo nell’accompagnamento abitativo. E ancora, il piano urbanistico: si vuole riqualificare l’esistente o costruire ancora, nel verde, nonostante gli incentivi oggi disponibili? Bisogna costruire un fronte politicamente omogeneo. Che non significa essere tutti uguali, bensì tendere a un’idea comune di città. Se ci saranno forze che in un fronte unitario non vorranno entrare, che in determinati valori comuni non si vorranno riconoscere, gli elettori dovranno chiedersi il perché».