la conferenza sullo stalking 

«La violenza che nasce dal rifiuto non accettato»

MERANO. Una coincidenza non certo voluta quella che ha portato Giuseppe Orfanelli, criminologo di fama nazionale, esattamente il giorno dopo il tragico femminicidio di Quarazze nella sede del Tangram...



MERANO. Una coincidenza non certo voluta quella che ha portato Giuseppe Orfanelli, criminologo di fama nazionale, esattamente il giorno dopo il tragico femminicidio di Quarazze nella sede del Tangram per una conferenza dal titolo “Stalking, femminicidio e bullismo”.

Meranese di nascita, ex primario dell’ospedale psichiatrico di Pescara, ma anche consulente di varie procure, Orfanelli ha spiegato il percorso che porta a compiere un atto persecutorio o di violenza nei confronti di una vittima. «Tutto parte dall’infanzia, quando modelli errati di educazione si sommano a un certo temperamento, portando il bambino a sviluppare disturbi narcisisti istrionici», spiega Orfanelli. Questa tipologia di disturbo si caratterizza per il fatto che chi ne è affetto non è in grado di creare relazioni empatiche con le persone. Piuttosto, tende a valutare ogni esperienza sociale e relazionale come funzionale alla gratificazione personale. Allora, l’amare e l’amore diventano possesso e per questo motivo «nei vari corsi che faccio nelle scuole spiego alle ragazze, perché le vittime al 90% dei casi sono sempre loro – racconta Orfanelli - Un partner troppo apprensivo, che riempie di regali e attenzioni, non può instaurare una relazione paritaria con la propria compagna».

Il disturbo narcisista di personalità, se messo alla prova da tradimenti o abbandoni, presto si può trasformare in rabbia narcisista, proprio in quanto questo rifiuto genera un’offesa alla stessa personalità dell’individuo.

La messa in discussione dell’autostima agisce quindi come grilletto che arma la mente del carnefice, il quale per cancellare la frustrazione subita mette in moto un piano criminale di eliminazione della fonte dello stress, ovvero, nel maggiore dei casi una partner che aveva deciso di dirgli addio.

Il cerchio, spiega Orfanelli, «si chiude molto spesso con il suicidio dell’assassino, dopo che magari per diverso tempo ha sottoposto la sua vittima a reiterati tentativi di avvicinamento che oggi chiamiamo con il nome di stalking».

Se dal 2008 esiste un apparato normativo che permette alla magistratura di interdire allo stalker la frequentazione degli spazi quotidiani della sua vittima, molto spesso questa misura di allontanamento viene elusa da chi ne è colpito. Proprio come un bambino male educato che rifiuta le regole «quando invece i bambini sono i primi a richiederle», sottolinea il criminologo, lo stalker di solito non rispecchia i divieti, finendo per incrociare nuovamente e fatalmente la propria vittima.

Questi disturbi della personalità, spiega Orfanelli, «sono in costante aumento nella popolazione giovanile, anche in quella che pratica sport e frequenta organizzazioni ludico-sociali». Ad oggi, questi sono luoghi di convivenza sociale dove i comportamenti devianti di origine familiare possono essere depotenziati, proprio per via delle regole che la vita comunitaria impone.

Insomma, uno dei sistemi per fare prevenzione contro bullismo e atti che travalicano in condotte devianti, secondo Orfanelli, è proprio quello di mettere fino dall’infanzia i bambini in una rete sociale di protezione capace di ovviare ad eventuali modelli educativi familiari incapaci di dare regole certe e chiare alla vita dei nostri ragazzi. (j.m.)













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