Il racconto

«Prima il rumore, poi le urla: per le slavine rischiamo la vita»

Annalisa Fioretti, responsabile del Cnsas Merano, lunedì sera era nella squadra che setacciava la prima valanga caduta sulla pista quando è venuta giù la seconda seppellendo tre partecipanti all’operazione, estratti illesi


Simone Facchini


MERANO/SENALES. «Abbiamo sentito un rumore, poi delle urla. Era buio. Era venuta giù una seconda valanga». Annalisa Fioretti lunedì è accorsa in Val Senales, dove una prima slavina aveva invaso la pista della discesa a valle (Talabfahrt 1), dopo la seggiovia Gletschersee, a circa 2500 metri di quota. Non lontano dal rifugio Bella Vista. Pneumologa, arruolata nel pronto soccorso di Silandro, Fioretti è responsabile sanitario del Cnsas di Merano.

«Sono stati momenti concitati, il pericolo era elevato. Quanto accaduto rimarca come spesso noi soccorritori rischiamo la vita per salvarla ad altri». Sotto la seconda valanga erano finiti proprio tre uomini che facevano parte del team di ricerca. Sepolti, subito estratti. Sani e salvi. Scioccati.

Il racconto

È pieno pomeriggio quando, l'altro ieri, una slavina sommerge una pista battuta in Val Senales. L'allarme pare lo abbiano dato due sciatori che ne sono stati sfiorati. «Il tempo di raccogliere le attrezzature e via - racconta Annalisa, - sono arrivata alla stazione a valle, a Maso Corto, verso le 17.30. Qui un primo coordinatore ha provveduto alla registrazione del nome, misura di sicurezza necessaria in situazioni come questa, nel caso in cui qualcuno dovesse mancare all'appello durante l'operazione. Un gruppo stava già intervenendo sulla valanga, il fatto che fossero state individuate delle scie che portavano alla slavina ha fatto supporre che qualcuno potesse essere rimasto sepolto».

La seconda squadra, con Annalisa, viene spedita a monte con la funivia e raggiunge il posto con gli sci e il materiale in spalla. Seconda registrazione. «La slavina aveva tagliato in due la pista. Abbiamo cominciato a perlustrare sotto la massa nevosa con le sonde da cinque metri, quelle utilizzate dalla prima squadra erano più corte e non toccavano il fondo. In alcuni punti neppure le nostre».

Il rilievo dà le dimensioni, imponenti, della massa nevosa precipitata. «Abbiamo continuato a lungo, la fatica si faceva sentire. Eravamo un'ottantina: forze dell'ordine, varie squadre del soccorso alpino, in una prima fase anche alcuni sciatori.

Si era fatto buio quando un rumore sordo, non forte ma chiaramente udibile, ha preceduto le grida che segnalavano un secondo distacco. Abbiamo cercato di capire la situazione, non era facile orientarsi. Il coordinatore a monte mi ha incaricata di scendere ad aiutare».

La seconda slavina si è scesa a circa 400 metri dalla prima, più a valle, «portarsi fin là ha comportato uno sforzo enorme, la neve arrivava fino alla vita. Per procedere si doveva “sfondare”. Al mio arrivo, un'unità cinofila aveva già disseppellito i tre soccorritori che erano stati investiti dalla coltre. Erano impietriti, ma stavano bene». Poi, le ricerche sono state sospese. Ieri la pista interessata dalla valanga è rimasta chiusa per precauzione, nel resto del comprensorio si è sciato.

Pericolo

Non è escluso che la valanga sia stata provocata da un fuoripista - alcune tracce lasciate sulla neve lo farebbero supporre - che, considerate le condizioni, era a dir poco azzardato. Il pericolo valanghe, secondo i bollettini, era di grado 3 su 5, “marcato”. Sono in corso delle indagini per individuare l'eventuale responsabile.

Chi è salito in funivia ha notato diverse scie che si inoltravano al di fuori delle piste battute. La neve era tanta, anche spostata dal vento. Azioni incoscienti possono mettere a repentaglio, oltre alla propria, la vita di altri sciatori. E quella di chi si impegna nelle ricerche e nei soccorsi. Molti dei quali a titolo volontario.

«Ogni volta che partiamo per un'operazione sappiamo di affrontare fatica e rischi, spesso lo si fa anche se chi dobbiamo soccorrere è stato imprudente o sprovveduto. Ma noi pensiamo solo a prestare aiuto nella sicurezza nostra e dei feriti».

La montagna è gioia, è divertimento, è avventura. Annalisa, alpinista con l'Himalaya nel cuore, lo sa meglio di chiunque altro. Ma la montagna esige rispetto. E in alta quota ogni indifferenza alle precauzioni può scatenare conseguenze drammatiche.













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