Tanti iscritti e pochi spazi, anche il Marconi “scoppia” 

Capienza al limite per la scuola professionale, alla stregua di Ritz e Gandhi Tre classi a rotazione in un’aula, si applica il reindirizzamento verso altri istituti


di Sara Martinello


MERANO. Non solo Ritz e Gandhi: la crescita del numero di iscritti alle scuole superiori preoccupa anche il dirigente scolastico del terzo istituto di lingua italiana dello School Village, la scuola professionale Guglielmo Marconi. Dove si possono accogliere soltanto 190 studenti l’anno, con sforzi immani per dare a ogni classe la possibilità di avere un’aula in cui fare lezione e con lo sconforto di dover reindirizzare ad altre scuole o ad altre località gli iscritti che eccedono il “numero programmato” coatto. E sarà così anche il prossimo settembre: l’edificio destinato ad accogliere l’istituto in futuro è per ora una realtà soltanto sulla carta.

Mancano aule, studenti “rifiutati”. Gli studenti sono circa 190 da otto anni. Nel 2009 erano 100, la metà, e col picco raggiunto due anni dopo la scuola è stata messa in ginocchio da una mancanza di spazi cronica per la parte italiana dello School Village di via Wolf. «Abbiamo aule occupate da tre diverse classi contemporaneamente, a rotazione – spiega Giuseppe Delpero, il dirigente scolastico –. Non abbiamo una palestra, perché quella del centro di formazione è occupata dalla scuola alberghiera: parte delle classi fa educazione fisica allo School Village, parte all’Opera serafica, in via Goethe. E l’aula insegnanti è condivisa con la Ritz, per un totale di cento docenti a usufruirne». Ne risente la necessità dei ragazzi di identificarsi con l’aula, problema già fatto presente da Maria Pascarella, preside dell’alberghiero, e ne risente la didattica. Ne è un esempio concreto il laboratorio per il servizio d’impresa, utilizzato anche come aula per le lezioni che non prevedono l’impiego del computer, col risultato che tra insegnante e alunni si erge una piccola di schermi, spesso accesi dai ragazzi per giochicchiare durante la lezione. La mancanza di spazio ha portato a una soluzione drastica, una sorta di numero programmato. «L’anno scorso le iscrizioni al settore industria (quello che forma impiantisti elettrici, meccanici e altre figure, ndr) hanno superato il limite della classe. Così è stata creata una lista di ragazzi da dirottare su altre scuole. Una soluzione spiacevole per tutti, anche perché mandare i figli alle scuole professionali di Bolzano non è agevole per molte famiglie», spiega Delpero.

Una struttura malridotta. Marconi e Ritz si trovano nello stesso edificio, costruito una trentina d’anni fa. La struttura presenta problemi di manutenzione, tanto che recentemente si è dovuto rifare ex novo l’impianto di riscaldamento. È usata molto, un po’ per via della necessità di fare lezione nelle aule tecnologiche, nei laboratori, nelle officine per saldatura, elettronica e così via, un po’ per via del ciclo continuo di una didattica che dalla mattina arriva fino ai corsi serali per adulti.

Lontano il trasferimento a Maia Bassa. Le prospettive di una sopravvivenza dignitosa e di una diversificazione dell’offerta formativa, anche in funzione delle richieste del mondo del lavoro contemporaneo e futuro, dipendono tutte dalla costruzione del nuovo edificio, nella zona artigianale di Maia Bassa. Delpero illustra lo stato dell’arte: «La progettazione esecutiva per Marconi e Levinas dovrebbe essere conclusa entro giugno. Per la costruzione bisogna aspettare innanzitutto che sia completata quella del terzo blocco della scuola Zuegg, che al momento occupa parte dell’areale destinato al Marconi con un edificio che sarà demolito non appena questo terzo blocco sarà pronto. E poi c’è da vedere se e quando la nuova giunta provinciale stanzierà i fondi per la costruzione del Marconi». Delpero si unisce alla richiesta mossa da Aliprandini e Pascarella, i presidi del Gandhi e della Ritz, nei confronti della nuova giunta: «Serve attenzione, perché la mancanza di spazio si traduce nella difficoltà di raggiungere gli obiettivi di una buona formazione. È un problema limitante per la città di Merano».

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