Abbattimento del Posta, c’è l’esposto di Sgarbi 

Il caso a Dobbiaco. Il critico si era schierato in difesa dello storico hotel nel centro del paese Ora interviene e punta il dito contro la demolizione e la mancanza di vincoli a tutela del complesso


Paolo Campostrini


Dobbiaco. Lo Sgarbi furioso. Aveva detto: “Chi ha abbattuto l’hotel Posta è un criminale. E di fronte a un crimine denuncio tutti, da Kompatscher in giù”. È stato di parola. Oggi salirà le scale del tribunale di Bolzano. Andrà in Procura. In mano non una denuncia ma un esposto. Tecnicamente cambia qualcosa, politicamente no. “Elencherò solo dei fatti. Ma basteranno”, dice. Vuole che si apra un’inchiesta. Poi conta che sia il procuratore a trarre le conclusioni intorno a episodi che, per il parlamentare e critico d’arte, gridano vendetta al cielo. Il giorno dell’abbattimento dello storico albergo asburgico di Dobbiaco era stato un fiume in piena, trascinando nel gorgo della sua rabbia protezionista il Landeshauptman, l’assessora Kuenzer, giù giù fino ai responsabili delle Belle arti e al sindaco Martin Rienzer. Nell’esposto aggiungerà probabilmente un altro tassello, vale a dire i presunti interessi che stanno dietro alle vicende riguardanti la ditta che procederà, con permessi vidimati dal municipio in più occasioni, alla ricostruzione, sul luogo del “delitto architettonico”, di un complesso residenzial-commerciale.

Sgarbi elencherà una serie di punti oscuri nella vicenda urbanistica, che configurerebbero l’ipotesi di comportamenti che Sgarbi giudica non limpidi. Questo sul fronte amministrativo. Poi, salendo di livello, l’esposto apre scenari di tipo politico in cui il parlamentare pone l’accento sull’incapacità della Provincia, a tutti i livelli, visto che si è limitata a considerare questo episodio di Dobbiaco alla stregua di una semplice demoricostruzione, configurando invece l’abbattimento del Posta come un vero affronto paesaggistico. E un attacco al patrimonio storico e architettonico del territorio.

“Mi dicono che non c’erano vincoli da far valere - ha commentato - ebbene questi vincoli dovevano essere richiesti dalla Provincia, non lasciare tutto in mano alle manovre locali”.

Intorno a quello che i protezionisti definiscono un monumento, legato al turismo altoatesino di un secolo fa, vi era stata una vasta mobilitazione. Fino a toccare le quattromila firme raccolte a sostegno della conservazione. Dal Fai a Italia Nostra, la vicenda aveva assunto dimensioni nazionali. Forte di questa convergenza di risorse culturali, Vittorio Sgarbi è passato dunque dalle parole ai fatti. Certo, le sue parole erano state subito molto pesanti. “L’hanno tirato giù? E allora Kompatscher si prepari a rivedermi in tribunale. E anche l’assessore Bessone, che pur conosco, è rimasto troppo in silenzio. Per non parlare del sindaco di Dobbiaco - aveva detto in toni molto accesi - per il quale ho in serbo qualche sorpresa”. Insomma, il Posta non c’è più, ma intorno al suo fantasma sta proseguendo una battaglia anche con le carte bollate. Tra gli elementi che vengono messi in fila agli altri nella lettera-esposto, ci sono quelli più legati al ruolo storico dell’hotel. Alla sua capacità di ritessere i fili di un passato che si tende sempre più a preservare. Magari agendo sul piano del restauro conservativo. “Ma sarebbe costato un occhio”, avevano subito replicato gli amministratori di Dobbiaco difendendo la scelta dell’affidamento ai privati della ricostruzione dopo l’abbattimento. Ecco, questo sarà un altro dei capitoli dell’esposto. Perché, secondo Sgarbi, una pubblica amministrazione dovrebbe dedicarsi alla difesa del proprio patrimonio e non soltanto puntare a rendite economiche. Il Posta, infatti, si trovava al centro di un “unicum” urbanistico-ambientale, vista la sua capacità di dialogare con la vicina chiesa barocca e gli altri edifici che costituiscono la piazza del paese da oltre un secolo. La vetustà dell’immobile è poi l’elemento chiave, aggiunto all’evidenza, balzata agli occhi proprio nei giorni della demolizione, che l’albergo sarebbe stato ben più solido, viste le mura e le strutture emerse, di quanto si potesse immaginare. Insomma, lo Sgarbi furioso è tornato a Bolzano. E, presumibilmente, si farà sentire.

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