il funerale

L’addio di Ortisei alla sua Lissi

Celebrati ieri i funerali di Elisabeth Lardschneider, la ventenne scalatrice morta il 26 luglio sui monti dell’India. L’intera comunità gardenese si è stretta alla famiglia della ragazza in una chiesa gremita


Paolo Tagliente


ORTISEI. C’era tutta Ortisei, ieri pomeriggio, nella chiesa di Sant’Ulrico e dell’Epifania del Signore, per dare l’ultimo, straziante saluto a Elisabeth Lardschneider, la scalatrice ventenne, atleta nazionale di arrampicata sportiva, morta il 26 luglio dopo essere precipitata per 150 metri, mentre, insieme ad un gruppo di altri scalatori altoatesini, era in parete su una montagna del Ladakh, nella valle dello Zanskar, nella catena montuosa dell’Himalaya, in India.

Oltre un migliaio di persone hanno gremito il gioiello tardo barocco per stringersi ai genitori di “Lissi”, Egon e Martina, ai fratelli Katharina, Amalia e Jonas e al fidanzato, che era con lei al momento della tragedia. Al centro della navata, tra i banchi, ha trovato posto la Banda musicale di Ortisei, di cui il padre di Elisabeth è direttore. I musicisti, con i loro strumenti, hanno assistito alla messa in assoluto silenzio, visibilmente commossi. A celebrare l’omelia, il decano di Ortisei, Luigi Pitscheider, che ha voluto confortare i familiari della ragazza, ricordando loro e ai fedeli che la morte non è la fine, ma l’inizio di un nuovo cammino verso la resurrezione.

Prima dell’inizio della funzione religiosa, accompagnata dal coro e dall’orchestra di Ortisei, due amici hanno voluto ricordare Elisabeth. Con la voce rotta dalla commozione hanno tracciato il ritratto di una ragazza sorridente e solare, una giovane donna dalla grande forza fisica, che affrontava ogni sfida con grande slancio. Una ragazza generosa, mossa da una contagiosa gioia di vivere, che preferiva non mettersi mai in mostra, nonostante le sue indubbie qualità. In molti non sono riusciti a trattenere le lacrime.

Tutti conoscevano Elisabeth e tutti conoscono la sua famiglia. C’era chi l’aveva vista crescere e c’era chi, invece, era cresciuto insieme a lei. Nei loro occhi gonfi il dolore e lo sgomento di chi ancora non si capacita di quanto accaduto. E c’era anche chi, proprio come Elisabeth, ha con la montagna un legame forte, indissolubile. C’erano i Judacrep-Catores, i leggendari soccorritori alpini della Val Gardena nelle cui fila Elisabeth aspirava ad entrare, c’erano la nazionale di arrampicata sportiva, c’erano i ragazzi della Squadra sportiva di arrampicata dell’Alpenverein, c’erano uomini in rappresentanza dello stesso Alpenverein Südtirol e del Soccorso Alpino dell’Alto Adige, c’erano il sindaco di Ortisei Tobia Moroder e l’ex assessore provinciale, Florian Mussner. E c’erano tanti, tantissimi gardenesi.

Al termine della celebrazione, la bara di legno bianca è stata portata a spalla sul sagrato della chiesa da un gruppo di amici alpinisti. Alcuni di loro erano partiti insieme ad Elisabeth per l’India e, qualche giorno fa, hanno fatto rientro in Italia con il corpo senza vita della ventenne, in un viaggio straziante che nemmeno nei loro incubi peggiori avrebbero pensato di dover compiere, un giorno. Adagiata sul carro trainato da due cavalli, la bara è stata trasportata fino al cimitero del paese, seguita dai familiari e dal lungo corteo che si è snodato per tutti i 650 metri che separano la chiesa dal camposanto, in un silenzio quasi irreale, spezzato solo dal suono cupo e cadenzato del tamburo della Banda Musicale. L’ultimo, straziante viaggio di Lissi. ©RIPRODUZIONE RISERVATA













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